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Visita prepasquale alla casa circondariale di Bolzano

Cari ospiti di questa casa circondariale,
caro don Robert, cara direttrice Nuzzaci, cari agenti della polizia penitenziaria e rappresentanti dell’autorità giudiziaria, cari operatori di questa struttura, caro signor Bertoldi e cari volontari,
sono molto felice di essere qui con voi oggi per celebrare questa liturgia della Parola.

Da domani sera fino alla Domenica di Pasqua noi cristiani celebriamo la nostra festa più importante, che è il centro della nostra fede e dell’anno liturgico.
E proprio dei preparativi della Pasqua si parla nel passo del vangelo di Matteo che la liturgia ci propone in questo Mercoledì della Settimana Santa.

La pagina evangelica si apre con il racconto dell’incontro tra Giuda Iscariota e i capi dei sacerdoti.
Giuda era insoddisfatto, non comprendeva a fondo le parole e i gesti di Gesù. Secondo lui Gesù stava sbagliando tutto. Poco prima, infatti, - ed è lo stesso Matteo che ce lo racconta (Mt 26,6-13) – era stato diretto testimone di un fatto che lo aveva sdegnato: una donna - l’evangelista Giovanni ci dice che era Maria, la sorella di Lazzaro e Marta (Gv 12,1-8) – aveva usato del profumo prezioso per ungere il capo Gesù. Un vero spreco, secondo Giuda e gli altri discepoli, che non avevano avuto alcun timore nel mostrare il loro dissenso al Signore chiedendogli perché buttar via così quel bene prezioso (invece che venderlo e dare il ricavato ai poveri). E Gesù, invece di dare ragione a quei calcoli umani, aveva lodato e difeso il gesto di quella donna.

Quelle gocce di olio profumato versate sul capo di Gesù sono state per Giuda la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
E allora cosa fa? Decide di fare un passo indietro, di lasciare Gesù e i suoi discepoli? Dice forse in faccia Gesù quello che pensa? Gli parla apertamente?
No, Giuda preferisce agire di nascosto, nell’ombra. Va dai capi dei sacerdoti e fissa con loro una cifra, trenta monete d’argento, che a quei tempi era più o meno il prezzo di uno schiavo.
Giuda tradisce Gesù, il suo Signore, e lo “s-vende” ai suoi nemici come se si trattasse di uno schiavo. Non solo. Sul suo grave gesto – e questo potranno confermarmelo gli esperti di giurisprudenza – pende pure l’aggravante della premeditazione.

Il racconto di Matteo si riapre quindi sui preparativi della Pasqua. È il primo giorno degli Azzimi (siamo, per così dire, agli inizi della Settimana Santa) e i discepoli si preoccupano di preparare il banchetto pasquale. Tra di loro c’è anche Giuda, che “cercava l’occasione propizia” per consegnare Gesù ai sommi sacerdoti.

Gesù sa bene cosa sta tramando Giuda e cosa fa?
Proviamo a pensare: cosa faremmo noi se sapessimo che c’è qualcuno che è pronto a tradirci? Di sicuro non lo inviteremmo a cena con noi, o sbaglio? Né tantomeno festeggeremo con lui la Pasqua… Magari ci faremmo prendere dalla rabbia e dal desiderio di vendetta e cercheremmo di regolare i conti – a modo nostro! – con questa persona…

Gesù non fa nulla di tutto questo. Gesù non esclude Giuda, non lo caccia via, non lo riempie di insulti. Non gli mette le mani addosso.
Gesù invita Giuda a tavola. Lascia addirittura che intinga la mano nel suo stesso piatto. E gli parla apertamente, con schiettezza: senza giri di parole, gli dice qual è il suo peccato.
Gesù opera nella luce, mentre Giuda agisce nell’ombra.

Gesù ama Giuda. Ama quell’uomo che sa che di lì a poco lo tradirà. “Giuda è il peccatore più grande per Lui. Ma è stato scelto da Gesù”, ci ricorda papa Francesco.
Come discepoli – sottolinea il Papa - “Gesù sceglie gente comune, che hanno una cosa – sì – da sottolineare in tutti: sono peccatori. Gesù ha scelto i peccatori. Sceglie i peccatori” (messa a Casa S. Marta, 9 settembre 2014). E ricordiamo che Giuda non è il solo che tradirà Gesù. Anche Pietro, che diventerà il primo Papa, tradirà Gesù, lo rinnegherà per ben tre volte.

Gesù ama ciascuno di noi. Sa che siamo tutti peccatori. Sa benissimo che lo tradiremo. E non solo una volta. Sa che la nostra è una fedeltà altalenante. Spesso siamo fedeli più a parole che nei fatti. Eppure il Signore ci ama comunque. Ama noi, non i nostri peccati. E per ciascuno di noi, nonostante tutti i nostri errori e i nostri tradimenti, dà la vita. Per ciascuno di noi spezza il pane eucaristico e si offre sulla croce.

Papa Francesco ci ricorda che “È così che Dio agisce nei confronti di noi peccatori. Il Signore continuamente ci offre il suo perdono e ci aiuta ad accoglierlo e a prendere coscienza del nostro male per potercene liberare. Perché Dio non vuole la nostra condanna, ma la nostra salvezza. Dio non vuole la condanna di nessuno! (…) Dio voleva salvare anche Giuda, tutti! Lui il Signore della misericordia vuole salvare tutti!. Il problema è lasciare che Lui entri nel cuore” (Udienza generale, mercoledì 3 febbraio 2016).
Un paio di settimane fa, in occasione dell’udienza generale papa Francesco ha detto: “Mi piacerebbe farvi una domanda: noi, tutti noi, siamo convinti di questo? Siamo convinti che Dio ci vuole bene e che tutto quello che ci ha promesso è disposto a portarlo a compimento? Ma padre quanto dobbiamo pagare per questo? C’è un solo prezzo: “aprire il cuore”. Aprite i vostri cuori e questa forza di Dio vi porterà avanti, farà cose miracolose e vi insegnerà cosa sia la speranza. Questo è l’unico prezzo: aprire il cuore alla fede e Lui farà il resto” (Udienza generale, mercoledì 29 marzo 2017).

Giuda tradisce Gesù per trenta monete d’argento, il prezzo di uno schiavo. Gesù ci dona il suo perdono e la vita eterna gratis! Perché la vita di un uomo, anche quella di chi si è macchiato dei peccati più gravi, per Dio non ha prezzo. E non vede l’ora di donare misericordia e speranza a chi, liberamente, gli apre il suo cuore.

La Pasqua ormai alle porte ci invita a spalancare i nostri cuori a Cristo, a vivere la misericordia che Lui ci dona. A farlo anche qui, tra le mura di questa casa, nelle piccole e grandi fatiche quotidiane che si incontrano anche in questa struttura.

La Pasqua che ci prepariamo a festeggiare apre il nostro sguardo al futuro, riempiendolo di speranza. Dona ai nostri occhi quella Luce che vince il buio di ogni male.

Quella Luce di cui Josef Mayr-Nusser, il martire bolzanino beatificato nel duomo di Bolzano lo scorso 18 marzo, si è fatto testimone fino al dono della vita.
Ed è con le parole del beato Mayr-Nusser che desidero terminare oggi questa mia riflessione. Parole che vi affido e che spero possano essere per voi un incoraggiamento a guardare al futuro con speranza e a vivere il presente nella luce di Cristo Risorto:
“Dare testimonianza alla Luce. Dare testimonianza oggi è la nostra unica arma, la più potente. Un’arma abbastanza strana. Non spada, non violenza, non denaro, non grandi capacità intellettuali, nulla di tutto questo ci è necessario per costruire il regno di Cristo sulla terra. Il Signore ha preteso da noi qualcosa di molto modesto, eppure di molto importante: essere testimoni”.