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Direttive per la liturgia

DIOCESI BOLZANO-BRESSANONE
VESCOVO DIOCESANO

Folium Diœcesanum Bauzanense-Brixinense 2020, 138-147.

LINEE GUIDA
per la liturgia nelle unità pastorali

 

La liturgia come fonte di vita ecclesiale

1. La vita liturgica della Chiesa ne è il fonte e il culmine. Quando una comunità si riunisce per la celebrazione della liturgia, lo fa perché consapevole di essere chiamata dal Risorto ad incontrare il Padre con inni di lode nella comunione dello Spirito Santo, e ad implorare da Lui aiuto nelle sfide della vita. Le seguenti direttive vogliono essere un aiuto affinché la Chiesa possa adempiere, in condizioni mutevoli, al proprio compito fondamentale e possa così rafforzare le comunità presenti e vive nella loro vitalità e azione.

Accordo sulle celebrazioni liturgiche nell’unità pastorale

2. L’unità pastorale rappresenta uno spazio liturgico-pastorale di natura particolare, nel quale tutte le celebrazioni liturgiche nelle domeniche e nelle solennità sono insieme pianificate e coordinate. Si raggiunga un accordo riguardo all’orario di tali celebrazioni (avvengano esse il giorno stesso o in orario prefestivo) da parte del Consiglio pastorale unitario sulla base di queste direttive. Tale accordo sia visionato ed approvato dall’Ordinario (dal Vicario generale) su richiesta del responsabile dell’unità pastorale e del Consiglio pastorale unitario. L’Ordinario è obbligato, in collaborazione con i responsabili, a far sì che in tutte le parrocchie e in altri luoghi specifici, conformemente alla situazione di ciascuno di essi, si possa celebrare la liturgia (cfr. can. 838 CIC). Se le circostanze (grandezza di alcune chiese parrocchiali, situazione geografica e/o demografica, presenza di comunità religiose, plurilinguismo, turismo, situazione delle chiese filiali ecc.) richiedessero di prescindere dalle direttive esposte sotto e di introdurre eccezioni, anche queste devono essere approvate dall’Ordinario. Questo accordo riguardo alle celebrazioni liturgiche nell’unità pastorale rappresenta la base per la stesura dell’orario particolare delle celebrazioni liturgiche, da farsi annualmente o semestralmente nelle singole parrocchie. In quelle unità pastorali che non sono ancora costituite, un gruppo di lavoro rappresentativo delle parrocchie coinvolte, assieme ai competenti parroci, amministratori parrocchiali, incaricati parrocchiali, collaboratori pastorali e responsabili parrocchiali, si occupi della stesura di un tale accordo.

La liturgia nelle domeniche e nelle solennità

3. In giorno di domenica e nelle solennità si stabilisca in ogni chiesa parrocchiale un orario d’inizio della celebrazione liturgica comunitaria che rimanga costante. Se in tal giorno non potesse aver luogo nella chiesa parrocchiale la celebrazione dell’Eucaristia, all’orario i fedeli si riuniscano per la Celebrazione della Parola (cfr. Sacrosanctum Concilium 35, c. 1248 § 2 CIC), “per la Liturgia delle Ore o altre forme di preghiera comunitaria”. (Sinodo diocesano 2013-2015 380) Tale riunione in giorno di domenica o nelle solennità è possibile anche se nella stessa chiesa si fosse celebrata una messa prefestiva la sera del giorno precedente. Si presti particolare attenzione affinché tali celebrazioni siano anche di aiuto ai fedeli ad “inoltrarsi maggiormente nella ricchezza del Lezionario” (Verbum Domini 65), conformemente a quanto specificato dalle direttive del Lezionario domenicale e festivo. La vita dei fedeli sarà così permeata e rafforzata dalla Parola di Dio. Come previsto per le Celebrazioni della Parola, le letture del Lezionario domenicale possono essere integrate anche nelle ore principali della Liturgia delle ore (lodi e vespri) o in un’altra forma di preghiera.

4. In una parrocchia di ogni unità pastorale si celebri stabilmente in tutte le domeniche e solennità l’Eucaristia, il cui orario d’inizio deve rimanere costante. In seguito alla costituzione di un’unità pastorale, il Consiglio pastorale unitario, di concerto coll’Ordinario, individui a tal scopo una chiesa parrocchiale adatta. Di regola si scelga per tale celebrazione “centrale” dell’Eucaristia la chiesa parrocchiale di quella parrocchia, dove sia parroco il responsabile dell’unità pastorale stessa. Tale celebrazione “centrale” dell’Eucaristia è a servizio tutta l’unità pastorale, e deve essere perciò stabilita ad un orario tale, da permetterne la partecipazione anche a fedeli provenienti dalle parrocchie limitrofe. In unità pastorali caratterizzate dalla presenza di fedeli appartenenti a diversi gruppi linguistici, il bilinguismo o plurilinguismo deve trovare corrispondenza nella celebrazione “centrale” dell’Eucaristia. Il carattere sovra-parrocchiale della celebrazione deve trovare espressione nella suddivisione dei servizi e dei compiti liturgici e nella preparazione concreta della stessa.

5. Ogni altra Celebrazione eucaristica che un presbitero (parroco, amministratore parrocchiale, incaricato parrocchiale o collaboratore pastorale), che svolge il suo servizio nell’unità pastorale, possa celebrare, sia essa il giorno stesso o alla sera del giorno precedente, è riservata di regola ad altre chiese parrocchiali. I presbiteri che, accanto al responsabile, svolgono il loro servizio nell’unità pastorale, celebrano l’Eucaristia domenicale e nelle solennità in conformità alle direttive ecclesiastiche in materia (cfr., fra l’altro, c. 905 § 2 CIC); spetta al responsabile dell’unità pastorale definire l’impiego concreto di ciascun presbitero in un’unità pastorale (impiego alternato in tutte le parrocchie, impiego nella propria parrocchia e in alcune altre, impiego in una sola parrocchia…). Si stabilisce inoltre che, in un’unità pastorale, il diritto di una parrocchia ad una Celebrazione eucaristica ha priorità nei confronti della richiesta da parte di un’altra parrocchia di avere una seconda messa domenicale.

6. La celebrazione comunitaria dell’Eucaristia nelle domeniche e solennità nella chiesa parrocchiale ha priorità nei confronti di una Celebrazione eucaristica propria di un gruppo di fedeli. Comunità ecclesiali, movimenti, associazioni, famiglie (anniversari di matrimonio, compleanni significativi…) ecc. dovrebbero unirsi alla Celebrazione eucaristica domenicale della comunità parrocchiale. Le loro particolari finalità possono essere inserite nella celebrazione, per es., nella preghiera dei fedeli. Legittime eccezioni devono essere concordate con i responsabili competenti (parroco, amministratore parrocchiale, incaricato parrocchiale).

7. A motivo del carattere particolare della sera precedente le domeniche o le solennità, si possono tenere in chiese parrocchiali, nelle quali non abbia luogo alcuna Celebrazione eucaristica prefestiva, altri tipi di celebrazione, quali ad es. la recita della Liturgia delle ore (vespri, compieta, veglia…), la Celebrazione della Parola o altre forme di preghiera adatte al carattere vigiliare.

8. Se in una chiesa filiale di una parrocchia la Celebrazione eucaristica non può più aver luogo, i fedeli dovrebbero di norma, nelle domeniche e nelle solennità, prendere parte alla Celebrazione eucaristica nella chiesa parrocchiale. Si può fare eccezione il giorno in cui ricorre la dedicazione della chiesa stessa o la festa del patrono cui essa è intitolata, oppure in occasioni concordate nel Consiglio pastorale unitario.

9. Nelle chiese parrocchiali di un’unità pastorale nelle quali la domenica non può aver luogo alcuna celebrazione eucaristica, nemmeno prefestiva, si celebri secondo possibilità nella settimana successiva almeno una messa feriale, affinché non trascorra troppo tempo fra una celebrazione e quella seguente.

La celebrazione di particolari solennità

10. La Celebrazione del Triduo pasquale (giovedì santo, venerdì santo e Veglia pasquale) viene presieduta di norma dal responsabile dell’unità pastorale nella chiesa parrocchiale della parrocchia di cui è parroco. Queste celebrazioni “centrali” sono a servizio di tutta l’unità pastorale e devono essere programmate in orario corrispondente alle direttive del messale (Settimana santa e Ottava di Pasqua). Il carattere sovra-parrocchiale delle celebrazioni deve trovare espressione nella suddivisione dei servizi e dei compiti liturgici e nella preparazione concreta delle stesse.

11. In giorno di Natale il messale contempla tre messe. Esse traggono origine dal fatto che il Papa a Roma era solito celebrare la Solennità della Natività in tre diverse comunità parrocchiali in momenti distinti (nella notte, al mattino, di giorno). Per queste comunità ciascuna messa era tuttavia la sola celebrazione natalizia. Il Consiglio pastorale unitario attui perciò la distribuzione delle Celebrazioni liturgiche nell’unità pastorale in modo che i tre momenti nominati corrispondano ad altrettante celebrazioni eucaristiche, ciascuna in una distinta chiesa parrocchiale.

12. Altri presbiteri che prestano servizio in un’unità pastorale possono presiedere le celebrazioni di cui ai nr. 10 e 11 in altre chiese parrocchiali, tenendo conto di quanto stabilito al nr. 5.

13. Spetta al responsabile dell’unità pastorale assieme al Consiglio pastorale unitario decidere se, accanto a queste celebrazioni presiedute da presbiteri, si debbano tenere, secondo i momenti e le modalità descritti ai nr. 14 fino a 18, anche altre celebrazioni liturgiche in altrettante chiese parrocchiali. Tali celebrazioni sono presiedute da diaconi o da guide della Celebrazione della Parola munite di apposito mandato. Se si tratta di un diverso incontro di preghiera, quest’ultimo può essere guidato da una persona ad esso presente. Tali celebrazioni e preghiere possono aver luogo a condizione che si possano assicurare la partecipazione da parte dei fedeli e lo svolgimento regolare dei servizi liturgici.

14. In chiese parrocchiali dove il giovedì santo non possa aver luogo alcuna messa “In Coena Domini”, si può tenere una veglia eucaristica al principio della quale si fa ricordo dell’ultima cena. Se possibile, si tenga tale veglia in orario tale che i fedeli possano partecipare ad una precedente celebrazione eucaristica in un altro luogo. Si può preparare anche una Celebrazione della Parola in accordo con le direttive del messale: “il giovedì santo la santa comunione si può distribuire solo durante la Messa; ai malati si può recare in qualunque ora del giorno” (Messale Romano, Triduo Pasquale).

15. La Celebrazione della Passione del Signore del venerdì santo può essere presieduta anche da un diacono o da una persona che abbia il mandato a presiedere le Celebrazioni della Parola. Se la Celebrazione della Passione del Signore non può aver luogo, si può tenere una Via crucis.

16. In giorno di Pasqua e in alcune altre solennità, tra le quali primeggiano il Natale del Signore e la Pentecoste, “s’introdusse nelle diverse Chiese la consuetudine di iniziare con una veglia […]. È un uso che merita di essere conservato e promosso secondo la tradizione propria di ciascuna Chiesa” (Principi e norme per la Liturgia delle Ore 71). Tali veglie, celebrate in forma di mattutino, possono aver luogo solo se la sera o la notte precedente non si è celebrata l’Eucaristia. Esse sono caratterizzate dal fatto che hanno al centro le letture previste dal lezionario festivo. Nella notte di Pasqua si possono tenere il Lucernario, la Liturgia della Parola, nonché il rinnovo delle promesse battesimali conformemente a quanto indicato nel Messale. Seguono la Preghiera dei fedeli, il Padre Nostro e la Conclusione, in accordo con lo svolgimento usuale della Celebrazione della Parola. L’exultet può essere cantato da un cantore. Nelle solennità di Pentecoste e di Natale si prendano le letture dal lezionario (Messa della vigilia). “Se in qualche luogo si ritenesse conveniente dotare di veglia altre solennità o pellegrinaggi, si osservino le norme generali proposte per le Celebrazioni della Parola di Dio” (Principi e norme per la Liturgia delle Ore 71).

17. Se in una chiesa parrocchiale non ha luogo la Celebrazione della Notte di Pasqua, il cero pasquale già acceso può essere introdotto in chiesa in modo solenne nel corso di una celebrazione liturgica durante l’ottava di Pasqua (dalla domenica di Pasqua fino alla domenica in albis). In tale introduzione, la luce pasquale sia accompagnata dal canto. La benedizione dell’acqua battesimale può in tal caso aver luogo in una Celebrazione battesimale. La benedizione dell’acqua lustrale, a rinnovo delle promesse battesimali, può avvenire anche durante l’Ottava di Pasqua in una Celebrazione eucaristica o della Parola, alla “Risposta della comunità alla Parola annunciata”.

18. Qualora in una chiesa parrocchiale a Natale non possa aver luogo la messa del giorno, il responsabile dell’unità pastorale stabilisca assieme al Consiglio pastorale unitario se al suo posto non si debba tenere, nella stessa chiesa e alla stessa ora, un’altra celebrazione liturgica. Queste celebrazioni possono aver luogo se si prevedono la partecipazione da parte dei fedeli e lo svolgimento regolare dei servizi liturgici.

Processioni eucaristiche

19. Le processioni eucaristiche sono unite in modo inscindibile alle Celebrazioni eucaristiche che le precedono, in cui si è consacrata l’ostia per la processione.

20. Nella solennità del Corpus Domini la processione deve avere la forma di una processione eucaristica. Tale processione deve avere luogo in primo luogo a partire dalla chiesa parrocchiale della quale il responsabile dell’unità pastorale è parroco e dove immediatamente prima ha celebrato l’Eucaristia (nr. 4). In occasione della solennità del Corpus Domini si possono tenere ulteriori processioni a partire da altre chiese parrocchiali, nelle quali si è celebrata immediatamente prima l’Eucaristia. La processione eucaristica, con la Celebrazione eucaristica che la precede, può essere anche spostata in un altro momento (la sera del giorno prima, il pomeriggio o la sera del giorno stesso, o il giovedì sera precedente la solennità). Se un presbitero presiede alla Celebrazione eucaristica parrocchiale, ma è impedito da motivi di salute o fisici, o da altri impegni liturgici, a guidare la processione del Corpus Domini, può essere in ciò sostituito da un diacono o un ministro straordinario della comunione. Se la processione del Corpus Domini si svolge sotto la guida di un laico, sono ministri della sola esposizione, del trasporto in processione e della riposizione, ma non della benedizione eucaristica, i ministri straordinari della comunione, in corrispondenza con quanto previsto per l’adorazione eucaristica (cfr. c. 943 CIC). Se in una chiesa parrocchiale non può aver luogo alcuna processione del Corpus Domini, preceduta dalla Celebrazione eucaristica, vi è la possibilità di un’adorazione eucaristica solenne. Se si tiene una Celebrazione della Parola, essa deve orientarsi alle letture bibliche della solennità. La “Risposta della comunità alla Parola annunciata” può includere quale elemento particolare l’adorazione eucaristica. La processione si omette.

21. Le processioni eucaristiche in altre domeniche o solennità (festa del Sacro Cuore, del Patrono, Festa del ringraziamento, Assunzione della Beata Vergine Maria, Domenica del SS. Rosario…), che seguono direttamente la celebrazione dell’Eucaristia, dovrebbero aver luogo preferibilmente a partire da una delle chiese parrocchiali di cui il responsabile dell’unità pastorale non è parroco. Se in questi giorni non vi è alcun presbitero o diacono che possa guidare la processione eucaristica, si consiglia – partendo da una Celebrazione eucaristica o della Parola, o da un’introduzione nella chiesa parrocchiale – di tenere una processione non eucaristica, che può comprendere più stazioni, presso le quali si annunzi la Parola di Dio e si recitino preghiere di intercessione e di benedizione.

La liturgia in giorno feriale

22. Segno distintivo di una comunità viva sono le celebrazioni liturgiche in giorno feriale. Esse riuniscono quei fedeli che, in rappresentanza di tutta la comunità parrocchiale, si uniscono alla lode incessante della Chiesa, e pregano per le intenzioni di essa e di tutti gli uomini. Essi formano una comunità orante e coltivano il rapporto con il Signore e fra di loro. La liturgia in giorno feriale dovrebbe proporre tutta la molteplicità delle celebrazioni liturgiche (Celebrazione eucaristica e della Parola, Liturgia delle ore, veglie ecc.). Sia nel tempo di Avvento che in quello di Quaresima è opportuno che la comunità si ritrovi ogni giorno per una celebrazione. In Avvento, la tradizione delle Rorate può essere mantenuta viva tramite Celebrazioni eucaristiche o della Parola. In Quaresima la Parola di Dio dovrebbe essere annunciata ai fedeli, nelle diverse celebrazioni liturgiche, più spesso e con maggior intensità. Secondo una tradizione antica, anche la via crucis è meditata.

Liturgia delle ore

23. Dagli inizi della Chiesa i cristiani si riuniscono per la liturgia delle ore alla sera, al mattino e a mezzogiorno, i cardini cioè della giornata, e spesso anche di notte. Chi celebra la liturgia delle ore adempie con la lode e la supplica a Dio all’invito dell’apostolo Paolo: “Perseverate nella preghiera e vegliate in essa, rendendo grazie” (Col 4,2). “La Liturgia delle Ore viene officiata con una certa frequenza come celebrazione comunitaria, in almeno una località di ogni decanato” (Sinodo diocesano 2013-2015 377), ad esempio a cadenza settimanale o mensile, o nei tempi forti.

Celebrazioni della Parola

24. Le celebrazioni della Parola, nella quali si pone al centro la Parola di Dio, sono “occasioni privilegiate di incontro con il Signore” e danno ai fedeli la possibilità “di inoltrarsi maggiormente nella ricchezza del Lezionario, per meditare e pregare la sacra Scrittura” (Verbum domini 65). “Le Celebrazioni della Parola, proprio per la loro specifica importanza, vengono officiate regolarmente come celebrazioni comunitarie nelle cattedrali e in tutte le chiese parrocchiali, così come in tutti i luoghi in cui i fedeli si riuniscono per celebrare la liturgia. Esse trovano il loro posto fisso nell’ordinamento delle funzioni liturgiche” (Sinodo diocesano 2013-2015 377). Le Celebrazioni della Parola si tengono in tutte le lingue della provincia, secondo le disposizioni del Vescovo diocesano, e vengono guidate da presbiteri, diaconi o persone munite di apposito mandato. La distribuzione della Comunione non è permessa; si fa eccezione per le Celebrazioni della Parola in ospedali, case di riposo e celebrazioni con persone deboli, bisognose di cure e malate in occasione della distribuzione della Comunione nelle case (cfr. FDBB 2012, 4-5.28-29 – “linee guida riguardanti le celebrazioni della Parola”). Si fa ricordo dei defunti nell’ambito della Celebrazione della Parola nella lode domenicale/festiva o nella preghiera dei fedeli. In caso di celebrazioni della Parola e di altre forme di celebrazione non si può accettare alcuna offerta per l’intenzione (FDBB 2015, 397-398.423-424 – “Intenzioni di preghiera: menzione durante le celebrazioni, offerta e pubblicazione”).

Preghiere comunitarie di vario genere

25. Le diverse forme di preghiera comunitaria (veglia, preghiera in stile Taizè, Via crucis, ecc.) rafforzano il rapporto dei fedeli con Dio e con la comunità. Una forma di pietà particolarmente raccomandata dalla Chiesa per la preghiera continua è il rosario, un “riassunto di tutto il Vangelo” (Catechismo della Chiesa cattolica 971). Se in una comunità parrocchiale questa forma di spiritualità viene praticata in favore della intenzioni proprie e della Chiesa, essa deve essere ritenuta una componente fondamentale della preghiera della comunità stessa.

Adorazione eucaristica

26. Se in una chiesa si tiene un’adorazione eucaristica sotto la guida di un laico senza la presenza di un presbitero o un diacono, “sono ministri della sola esposizione e riposizione, ma non della benedizione, l’accolito, il ministro straordinario della sacra comunione o altra persona designata dall’Ordinario del luogo, osservando le disposizioni del Vescovo diocesano” (c. 943 CIC).

Rogazioni

27. Le rogazioni sono processioni non eucaristiche e possono essere guidate anche da un laico (in tal caso la processione faccia parte di una Celebrazione della Parola o sia preceduta da un’introduzione in chiesa).

Benedizioni

28. L’impartizione di benedizioni, su incarico del parroco, dell’amministratore o dell’incaricato parrocchiale, può far parte dei compiti di un diacono o di una guida della Celebrazione della Parola munita di apposito mandato. Tali benedizioni sono ad esempio: la benedizione delle corone d’Avvento, dei bambini nel tempo natalizio, dei cantori della stella, la benedizione in occasione della festa dell’Epifania; la benedizione di S. Biagio; la benedizione del raccolto; la benedizione delle tombe nel giorno della solennità tutti i Santi e della commemorazione di tutti i fedeli defunti (2 novembre); la benedizione dei bambini e delle lanterne a S. Martino e del pane in determinate feste di santi; la benedizione della madre prima e dopo il parto, dei bambini, degli sposi negli anniversari di matrimonio; la benedizione prima di un viaggio, le benedizioni concernenti il lavoro e la professione, la benedizione di veicoli e delle macchine, le benedizioni concernenti il tempo libero, lo sport e il turismo; la benedizione di oggetti vari. Inoltre queste benedizioni tratte dal Messale: la benedizione delle candele nel giorno della festa della presentazione del Signore; la benedizione delle ceneri il primo mercoledì di Quaresima e dei rami di olivo la domenica delle Palme. Le benedizioni siano sempre impartite nel corso di una celebrazione liturgica, nella quale abbiano posto anche l’annuncio della Parola di Dio e la spiegazione dell’atto della benedizione stessa.

Celebrazioni penitenziali

29. “Le celebrazioni penitenziali sono riunioni del popolo di Dio, allo scopo di ascoltare la proclamazione della parola di Dio, che invita alla conversione e al rinnovamento della vita, e annunzia la nostra liberazione dal peccato, per mezzo della morte e risurrezione di Cristo” (Rito della Penitenza, Introduzione pastorale 36). Queste celebrazioni penitenziali possono essere presiedute da presbiteri, diaconi o guide della Celebrazione della Parola, e hanno la forma di una Celebrazione della Parola. La partecipazione con fede a celebrazioni penitenziali conferisce il perdono efficace dei peccati veniali. Chi ha compiuto peccati gravi necessita del sacramento della Penitenza. Le celebrazioni penitenziali suscitano uno spirito di riconciliazione, accompagnano gli uomini sulla via della conversione e conducono anche ad una comprensione più profonda del sacramento della Penitenza. Le celebrazioni penitenziali sono parte integrante non solo del tempo di Quaresima, ma anche di Avvento (cfr. Rito della Penitenza, Introduzione pastorale 37.40).

Celebrazioni liturgiche in caso di malattia, morte e lutto

30. A persone deboli e ammalate, se lo desiderano, si rechi possibilmente l’Eucaristia consacrata nella messa parrocchiale domenicale, e la si distribuisca in casa nell’ambito di una preghiera, alla quale possono partecipare anche i famigliari. Tale servizio può essere svolto anche da un diacono, da un ministro straordinario della Comunione e – su incarico del parroco, dell’amministratore o dell’incaricato parrocchiale – anche da uno dei famigliari stessi.

31. La celebrazione della benedizione dei malati rende visibili l’unione con essi e la preoccupazione per la loro infermità. La benedizione dei morenti è una preghiera per rafforzare i fedeli nell’ora della morte. Al contempo, essa è segno di vicinanza ai congiunti, nella fede e nella speranza, ed espressione di compassione e consolazione. La preghiera della benedizione dei malati e dei morenti può essere guidata anche da diaconi e da laici appositamente formati. L’unzione degli infermi è un sacramento che viene amministrato dai presbiteri a fedeli malati o anziani: in caso di malattia grave o prima di un intervento chirurgico, in pericolo di vita o in uno stato di particolare debolezza. (Cfr. Sinodo diocesano 2013-2015 359)

32. Durante la visita ai morenti, il presbitero può ascoltarne la confessione. Può celebrare l'Unzione degli infermi e offrire la S. Comunione (viatico). In mancanza di un presbitero è compito del ministro straordinario della comunione, o di un’altra persona incaricata, portare al moribondo il Viatico, accompagnarlo con la preghiera e sostenerne i familiari, pregando assieme a loro.

33. Le modalità del rito delle Esequie e della commemorazione dei defunti sono definite in apposite direttive (FDBB 2013, S. 314-327, 361-373).

Servizi liturgici e forme di celebrazione

34. Presbiteri e diaconi, nonché persone munite di apposito mandato, sono responsabili in diverso modo della guida di celebrazioni liturgiche nell’unità pastorale. Il servizio concreto si effettua sempre su incarico del parroco, dell’amministratore o dell’incaricato parrocchiale. Nel caso di un servizio svolto in modo regolare, è necessario che venga consultato il Consiglio pastorale parrocchiale o unitario. Ulteriori direttive riguardanti gli servizi liturgici (selezione, prerequisiti, formazione e, se richiesto, mandato diocesano, ecc.) sono esposte altrove.

Ringraziamento

35. Le presenti direttive richiedono da parte delle parrocchie e delle persone coinvolte di porsi al servizio in egual modo sia della propria parrocchia, sia di tutta l’unità pastorale. L’accordo sulle celebrazioni liturgiche nell’unità pastorale comporta un impegno duraturo, e si basa sull’attenzione reciproca e sul mutuo aiuto per costruire un futuro comune ricco di prospettive. A tutte le persone coinvolte, un sentito grazie: ai presbiteri diocesani, ai diaconi e ai volontari, a coloro che svolgono servizi liturgici e ai responsabili parrocchiali. Si deve particolare riconoscenza agli appartenenti agli ordini di vita consacrata, che offrono “generosamente la loro collaborazione alla Chiesa particolare secondo le proprie forze e nel rispetto del proprio carisma, operando in piena comunione col Vescovo nell'ambito della evangelizzazione, della catechesi, della vita delle parrocchie” (Vita consecrata 49).

36. Le presenti direttive per la liturgia nelle unità pastorali sostituiscono le direttive per le celebrazioni liturgiche nelle parrocchie e nelle unità pastorali dell’8 settembre 2009. Esse vengono ora approvate ed entrano in vigore il 31 maggio 2020.

Bolzano, Pentecoste, il 31 maggio 2020
Nr. prot. 2020/255

+ Ivo Muser
Vescovo di Bolzano-Bressanone

DIOCESI BOLZANO-BRESSANONE
CURIA VESCOVILE
VICARIO GENERALE

Folium Diœcesanum Bauzanense-Brixinense 2015, 423-424.

DIRETTIVE
Intenzioni di preghiera: menzione durante le celebrazioni, offerta e pubblicazione

 

E’ un uso significativo quello di chiedere la preghiera dell’assemblea dei fedeli per una determinata intenzione all’interno della celebrazione liturgica. Di regola le intenzioni di preghiera vengono raccolte all’interno della celebrazione eucaristica. La vita liturgica delle parrocchie della diocesi si caratterizza sempre più per una molteplice varietà di forme liturgiche (celebrazioni della Parola, liturgia delle ore, momenti di preghiera). Anche in altre forme liturgiche ha valore presentare insieme intenzioni di preghiera davanti al Signore. Ciò vale soprattutto per la preghiera per i defunti.

 

1.    Menzione delle intenzioni di preghiera nelle celebrazioni liturgiche

  • Nella celebrazione eucaristica le intenzioni di preghiera per la Chiesa, la società e per le persone bisognose e malate trovano il loro luogo privilegiato nelle preghiere dei fedeli. I defunti possono essere ricordati per nome all’interno della Preghiera eucaristica, al momento delle intercessioni.
  • E’ meno significativa la prassi di ricordare un’intenzione di preghiera all’inizio della celebrazione, durante le parole di introduzione, che hanno la funzione di indirizzare con brevi parole l’attenzione a Cristo, che raduna attorno a sé la comunità (cfr. OGMR 50).
  • Nella liturgia delle ore, in una celebrazione della Parola o in un’altra funzione le intenzioni hanno tutte luogo nelle intercessioni. Nelle intercessioni dei Vespri è addirittura sempre previsto un ricordo generale dei defunti. La preghiera per i defunti inoltre ha posto nelle celebrazioni della Parola nella preghiera di lode, domenicale e festiva (cfr. FDBB 2013, 363).

 

2. Pubblicazione delle intenzioni di preghiera con offerta

  • Nel caso della celebrazione eucaristica, l’offerta per la santa Messa le regole sono stabilite con chiarezza (CIC cann. 945-958, FDBB 2014, 471-474).
  • Quando per una celebrazione eucaristica è indicata e pubblicata sul bollettino parrocchiale più d’una intenzione di preghiera la formulazione deve essere tale che a tutti i fedeli risulti chiaro che solamente la prima delle intenzioni indicate viene applicata in parrocchia, mentre le altre vengono trasmesse ad altri sacerdoti per l’applicazione (FDBB 2014, 471).
  • In caso di celebrazioni della Parola e di altre forme di celebrazione non si può accettare alcuna offerta per l’intenzione.
  • Se al posto di una celebrazione eucaristica già fissata il sacerdote  è impedito improvvisamente dal celebrare, e si tenga in tale occasione un’altra forma di celebrazione, in essa - con l’accordo di coloro che hanno fatto l’offerta -  è possibile pregare anche per tale intenzione. L’intenzione della messa con la sua offerta viene spostata ad un altro momento o trasmessa ad altro sacerdote.
  • Se in occasione di celebrazioni della Parola o di altre funzioni liturgiche programmate vengono segnate intenzioni di preghiera, deve venire contestualmente comunicato agli offerenti che le intenzioni verranno tute trasmesse a sacerdoti che celebreranno Messa per ciascuna delle intenzioni segnate.
  • Dato che anche all’interno delle Celebrazioni della Parola risulta significativa la preghiera comune per determinate intenzioni, è opportuno differenziare anche sul bollettino parrocchiale la formulazione impiegata a proposito. Per la celebrazione eucaristica la commemorazione dei defunti verra indicata con la seguente formula: “Celebrazione eucaristica in memoria di N.N.”, mentre in caso di altre funzioni liturgiche si userà invece la formulazione seguente: “Preghiera per la defunta/il defunto N.N.” (cfr. FDBB 2013, 363).
  • Se in occasione della richiesta di preghiera per un’intenzione particolare in una celebrazione della Parola viene data un’offerta, questa è fondamentalmente libera, senza indicazioni sul suo ammontare. Ciò va comunicato all’offerente. L’offerta è destinata alla parrocchia. In nessun caso essa deve essere impiegata direttamente per coprire servizi liturgici o costi d’esercizio.

DIOCESI BOLZANO-BRESSANONE
VESCOVO DIOCESANO

Folium Diœcesanum Bauzanense-Brixinense 2013, 361-373.

LINEE GUIDA
per il Rito delle Esequie

 

1. Le seguenti linee guida sono state redatte dalla Commissione Liturgica su richiesta della Conferenza dei Decani e su richiesta del Vescovo. Esse si basano sul libro liturgico “Die kirchliche Begräbnisfeier. Manuale” (Manuale tedesco) e sul “Rito delle Esequie” (RE). Il loro obiettivo è quello di offrire suggerimenti liturgici e pastorali per i riti nella diocesi.

 

I. Il compito pastorale nei momenti di lutto

2. La morte, per molti congiunti, è una prova molto difficile, affrontabile spesso solo con l’aiuto di altre persone. La crisi che emerge nelle persone rimaste in vita dall’esperienza della morte necessita di un aiuto empatico e pastorale. Il rito funebre ci permette di prendere congedo in maniera degna dai defunti (si pensi, in proposito, alla pubblicazione del Movimento Cattolico Femminile della Diocesi di Bolzano-Bressanone in lingua tedesca “Star vicini nella malattia e nella morte. Suggerimenti ed esempi per l’attività pastorale con gli infermi e nell’elaborazione del lutto”). Se si vuole offrire conforto e consolazione ai congiunti, l’interpretazione della morte in senso religioso è un elemento fondante. Essa si esprime nel rito di congedo al capezzale, nella composizione, a casa o nelle cappelle del commiato, nella preghiera per i defunti (“veglia funebre”), e, infine, nel rito liturgico delle esequie.

3. Queste celebrazioni invitano ad un’interpretazione precisa della vita, riferendosi all’individualità della defunta/del defunto. Così, anche i rapporti dei viventi con i defunti, e con gli altri viventi, così come il loro rapporto con Dio, devono essere presi in considerazione. Per questo, i congiunti devono essere possibilmente coinvolti nella preparazione e nella configurazione delle celebrazioni liturgiche. Bisogna tener conto anche di coloro che, pur non facendo parte della Chiesa o non condividendo la fede cristiana, prendono parte alle esequie. Il rito funebre dovrebbe essere un annuncio rivolto a tutti della nostra fede nella resurrezione. Alla salma è dovuto un trattamento rispettoso e dignitoso, essendo essa un simbolo dell’umanità e della sua dignità, a cui Dio ha concesso la Sua grazia anche oltre la morte. Inoltre, la salma ricorda ai presenti l’esperienza vitale della defunta/del defunto.

 

II. Significato religioso e sociale delle esequie

4. La morte di una persona non è solo motivo di dolore per i congiunti, ma anche un avvenimento di importanza sociale, che coinvolge tutti gli appartenenti alla comunità parrocchiale. Andando contro alle tendenze individualiste della società attuale e alla familiarizzazione delle sepolture, la Chiesa rimane legata al principio che le esequie religiose non abbiano carattere solo privato, ma siano vere e proprie celebrazioni, a cui tutta la comunità dovrebbe prendere parte (cfr. RE, Presentazione, 4). È giusto che, come da tradizione, nei giorni tra la morte e la sepoltura abbia luogo la veglia funebre (liturgia della Parola, liturgia delle ore, commemorazione, recita del Rosario,…), a cui dovrebbero aver accesso anche altri, oltre ai parenti stretti (cfr. RE 26-46: “Nella casa del defunto”; Manuale tedesco 1-13: „Totenwache und Gebet im Trauerhaus“). La composizione della salma in casa dovrebbe essere mantenuta come preziosa tradizione ed incoraggiata. In questo modo, la salma non resta da sola, e ad essa viene garantito un trattamento dignitoso: la sua vicinanza, infatti, può essere importante nei giorni del congedo, e può facilitare l’elaborazione del lutto.

Luogo della celebrazione

5. Il rito delle esequie, in quanto rito eucaristico, è aperto a tutta la comunità parrocchiale. La liturgia funebre (messa e congedo dalla salma) ha luogo normalmente nella chiesa parrocchiale, ovvero in una chiesa stabilita dal consiglio pastorale parrocchiale (cfr. RE, Presentazione 4).

Esequie in forma privata

6. Nel caso in cui il congedo e la sepoltura vengano celebrate in forma privata (in famiglia, o fra amici stretti), bisogna tener conto che i defunti hanno vissuto anche in altri contesti sociali (in parrocchia, in paese, sul posto di lavoro, con un circolo di amici, all’interno di associazioni, etc.). Per questo anche altre persone che si rattristano per la sua dipartita hanno diritto a congedarsi dalla salma. Se i congiunti desiderano un rito in forma privata, la comunità può celebrare il rito eucaristico in un altro momento (per esempio durante una messa in un giorno feriale, o durante la celebrazione domenicale dell’Eucaristia).

Sepoltura a carico della comunità

7. Nel caso di sepoltura a carico della comunità sono le autorità locali a farsi carico delle esequie e dei costi ad essa connessi. Ogni individuo, infatti, anche se è rimasto solo e senza parenti, ha diritto ad avere delle esequie dignitose. Sono i membri della comunità, in quel momento, a prendersi carico della sepoltura: questo è un atto di carità, pari al pregare per l’anima del defunto. Le parrocchie e la Caritas devono farsi interpreti del defunto, in questo caso, e cercare un ulteriore contatto con la comunità locale. Per i defunti che non hanno potuto essere sepolti in presenza dei loro cari è prevista anche una celebrazione dell’eucaristia nella chiesa parrocchiale.

 

III. La commemorazione dei defunti

La liturgia

8. In ogni celebrazione liturgica, i fedeli sono consapevoli del loro legame con i defunti. Il rito eucaristico è la celebrazione del fatto che i morti vivono in Dio, perché nella messa si commemora il mistero della morte e resurrezione di Gesù. Tramite Cristo, infatti, ai morti sono concessi la misericordia e il perdono di Dio: per questo essi vengono commemorati nella preghiera eucaristica; nella liturgia delle ore, i morti assurgono al ruolo di intercessori, così come nella liturgia della Parola, la domenica o in occasione di altre festività con la preghiera di adorazione o di suffragio (durante la settimana anche nella preghiera alternata). È consigliabile commemorare l’“anniversario” della morte durante la messa settimanale. Nel caso si voglia rendere nota la commemorazione nelle comunicazioni parrocchiali, la seguente formula è la più appropriata: “Celebrazione eucaristica in memoria di N. N.” Per la liturgia delle ore, nella Celebrazione della Parola ed altre funzioni si userà invece la formulazione seguente: “Preghiera per la defunta/il defunto N. N.”. La commemorazione annuale in occasione della festività dei morti (o il pomeriggio di Ognissanti) riunisce le persone nella convinzione che i defunti abbiano trovato pace presso Dio.

La tomba, il luogo della sepoltura come luogo di commemorazione comune

9. Nella disposizione del cimitero, delle singole tombe e nei luoghi di sepoltura delle urne dovrebbe trovare espressione la fede cristiana nella resurrezione. La tomba e la sua cura, ma anche il luogo in cui è deposta l’urna, sono per molti un aiuto importantissimo per superare il lutto ed una testimonianza di fede. A causa della carenza di spazio, o della scadenza delle concessioni , alcune tombe devono essere cedute: è consigliabile, in questo caso, la costruzione di uno spazio di commemorazione comune, per mantenere viva la memoria dei defunti. È particolarmente indicato che il nome di questo spazio, un’immagine o un simbolo rimandino alla fede cristiana. In questo luogo di raccoglimento possono essere sistemati anche i defunti che, dopo la cremazione, non hanno ricevuto una sepoltura individuale.

Altre forme di commemorazione dei defunti

10. In molte chiese si trovano lapidi o libri in cui sono elencati i nomi dei defunti appartenenti alla comunità parrocchiale. Inoltre, le piccole foto-ricordo con sopra i dati fondamentali del defunto, sono un ricordo particolarmente importante, soprattutto in ambito privato.

 

IV. Il rito religioso delle esequie

11. Il manuale tedesco “Die kirchliche Begräbnisfeier” e il libro rituale “Rito delle Esequie” contengono istruzioni per le forme liturgiche fondamentali (RE 55-98: “Celebrazione delle Esequie”, RE 99-117: “Esequie nelle cappella del cimitero”; RE 118-164: “Esequie dei bambini”; Manuale tedesco 14-68: „Grundform“; Manuale tedesco 69-99: „Begräbnis eines Kindes“; Manuale tedesco 100-116: „Feier der Verabschiedung ohne Beisetzung“). Nelle situazioni concrete si dovrà prendere atto degli usi locali e delle circostanze. Quando possibile, è comunque consigliabile portare la salma in chiesa per la celebrazione liturgica. Nelle pagine seguenti verranno presi in esame i singoli aspetti delle esequie religiose.

Celebrazione dell’Eucaristia e Liturgia della Parola

12. Il momento principale delle esequie religiose è la celebrazione della santa messa, che rappresenta l’attualizzazione della morte e resurrezione del Signore. Se in una comunità parrocchiale o in un’unità pastorale è presente solo un sacerdote, il rito funebre deve avere la precedenza sulla messa del giorno feriale.

13. Nel caso in cui una celebrazione eucaristica sia inappropriata, o non sia possibile, può aver luogo una Liturgia della Parola (cfr. RE 74-87; Manuale tedesco 32-35; cfr. anche: RE, Premesse generali 6, 19; Manuale tedesco, Pastorale Einführung 49). Anche nell’ascolto della Parola di Dio viene attualizzato il mistero pasquale, e i defunti vengono affidati alla misericordia di Dio. Inoltre è consigliabile la celebrazione, in un momento opportuno, di una messa in memoria del defunto, anche quando i congiunti abbiano espressamente richiesto un rito funebre senza celebrazione eucaristica.

14. Il termine che indica le esequie è “celebrazione eucaristica” o “santa messa”, oppure “liturgia della Parola per la defunta/il defunto N.”, a cui sarebbe da aggiungere, ad esempio “al termine avrà luogo la sepoltura nel cimitero locale”.

Inumazione

15. Su esempio della deposizione di Gesù nel sepolcro, l’inumazione è la forma di sepoltura preferibile per la fede cristiana. Essa ricorda anche l’immagine del chicco di grano: il corpo viene messo nella terra come un seme, per trasformarsi e risorgere a nuova vita (cfr. Gv 12,24f, I Cor 15,35f). La citazione in quest'ultimo testo, secondo cui il corpo è il tempio dello Spirito Santo (I Cor 3,16; 6,19), evidenzia appunto il rispetto che merita questo corpo. Per questo, la tradizione ecclesiastica consiglia vivamente di seppellire le salme (cfr. CIC c.1177 § 3).

16. Il corteo funebre, che è parte integrante del rito delle esequie, accompagna la defunta/il defunto al suo ultimo luogo di riposo. Il calare la bara nella tomba durante la celebrazione liturgica, come previsto dal rito, è un ultimo atto di amore alla persona (cfr. RE 96; Manuale tedesco, Pastorale Einführung 63). Per questo, la celebrazione non deve chiudersi con il congedo in chiesa.

Cremazione

17. La forma di sepoltura, sia essa inumazione o cremazione, non mette in dubbio la fede nella resurrezione e nella vita eterna. La Chiesa permette la cremazione, a meno che essa non sia stata scelta come forma di sepoltura esplicitamente rivolta contro la fede cristiana (cfr. CIC c. 1177 § 3). In alcuni luoghi sono motivi pratici (carenza di posti) a rendere necessaria la cremazione. In base alle leggi statali e regionali, i cimiteri locali devono predisporre anche strutture destinate alla sepoltura delle urne. “La prassi di spargere le ceneri in natura, oppure di conservarle in luoghi diversi dal cimitero, come, ad esempio, nelle abitazioni private, solleva non poche domande e perplessità. La Chiesa ha molti motivi per essere contraria a simili scelte, che possono sottintendere concezioni panteistiche o naturalistiche. Soprattutto nel caso di spargimento delle ceneri o di sepulture anonime si impedisce la possibilità di esprimere con riferimento a un luogo preciso il dolore personale e comunitario. Inoltre si rende più difficile il ricordo dei morti, estinguendolo anzitempo. Per le generazioni successive la vita di coloro che le hanno precedute scompare senza lasciare tracce.” (RE 165; cfr. Die Deutschen Bischöfe: „Der Herr vollende an Dir, was er in der Taufe begonnen hat“, 1. November 2011, Nr. 12)

18. Durante la celebrazione liturgica, fino alla deposizione dell’urna, si dovrà prendere atto della particolarità di questa forma di sepoltura. Tutti i rituali e le letture dovranno perciò essere adeguati alla situazione. Chi ha scelto la cremazione è consapevole che il simbolo concreto del corpo, che rappresenta l’individualità della persona, viene annullato dal fuoco. L’incinerazione anticipa il processo di decomposizione della salma; le “ceneri” non hanno la stessa dignità del corpo. I manuali “Die kirchliche Begräbnisfeier” e “Rito delle Esequie” ci offrono vari aspetti concreti.

La celebrazione del commiato prima della cremazione – in presenza della salma

19. Per la celebrazione del commiato prima della cremazione il manuale tedesco offre una proposta specifica (cfr Manuale tedesco 128-144) mentre il Rituale in lingua italiana dá indicazioni piu generali al riguardo (RE 165-167). In linea di principio si osservi: nel caso si celebri l’eucaristia o la liturgia della Parola in presenza della salma, che verrà poi portata alla cremazione, non si faccia la processione al camposanto, poiché si darebbe l’impressione che la salma venga accompagnata alla sepoltura.

20. “Dopo le esequie, il sacerdote, il diacono o il laico incaricato accompagnino il feretro al luogo indicato” (RE 167/5), ad esempio sul sagrato della chiesa dove tutti possano prendere commiato dal defunto. Accompagnare la salma sul sagrato della chiesa è indicato soprattutto quando alla celebrazione delle esequie sono presenti associazioni e gruppi che desiderano, al termine dell’azione liturgica, commemorare il defunto. Al termine l’agenzia funebre accompagnerà la salma al crematorio.

21. Inoltre per le comunità di lingua tedesca, la salma dopo la professione di fede e il personale commiato dei presenti con l’aspersione dell’acqua benedetta, può essere accompagnata all’esterno della chiesa e così sottratta allo sguardo della comunità. Mentre la salma lascia la chiesa e viene accompagnata alla cremazione, i presenti seguono le preghiere dei fedeli, e le orazioni conclusive (cfr Manuale tedesco 139-140).

22. In alternativa si può concludere tutta la liturgia del commiato in chiesa dopodiché la salma viene inviata alla cremazione.

23. In ogni caso si deve far presente, attraverso il rito, che la salma sarà cremata, ed è da evitare ogni eventuale riferimento alla sepoltura.

24. Quando il congedo ha luogo in una camera ardente (cappella del cimitero, in ospedale, nel crematorio,…) è prevista una celebrazione specifica (RE 168-179: “Sul luogo della cremazione”).

La celebrazione della deposizione dell’urna

25. Per la deposizione dell’urna in un momento diverso da quello delle esequie, i testi liturgici offrono numerose indicazioni (RE 189-191: “Preghiere per la deposizione dell’urna”; Manuale tedesco 145-162: „Die Feier der Urnenbeisetzung“).

La celebrazione del commiato e della deposizione dell’urna

26. Nel caso in cui il commiato non abbia avuto luogo prima della cremazione, la celebrazione può aver luogo anche in un momento successivo. Se la celebrazione dell’eucaristia (o la liturgia della Parola) avviene in presenza dell’urna, è opportuno che l’urna sia posta vicina al cero pasquale, coperta da un panno bianco, addobbata con dei fiori, e che su di essa sia posta un’immagine della defunta/del defunto (cfr. RE 180-188: “Monizioni e preghiere per la celebrazione esequiale dopo la cremazione in presenza dell’urna cineraria”; Manuale tedesco 163-192: „Die Feier der Verabschiedung und der Urnenbeisetzung“).

La celebrazione dell’Eucaristia (o la Liturgia della Parola) in chiesa, assente l’urna

27. In situazioni in cui la salma sia già stata cremata, e l’urna non può quindi essere presente alla celebrazione, per il commiato viene celebrata la liturgia dei defunti, come prevista dal messale. È consigliabile, anche in questo caso, esporre un’immagine della defunta/del defunto e predisporre una decorazione floreale.

Luogo della deposizione dell'urna

28. Per evitare la privatizzazione della sepoltura, si raccomanda di deporre le urne nel camposanto. Per la cremazione si deve far sì che sul luogo della sepoltura sia presente un segno commemorativo dignitoso e riconoscibile. Non è tanto l’urna in sé a rivestire un ruolo primario, ma, piuttosto, il nome del defunto e, possibilmente, una sua immagine ed un simbolo religioso. I colombari per le urne devono essere sigillati. Ancora più indicata è una sepoltura in terra (nella tomba di famiglia o in uno spazio del cimitero destinato precedentemente all’urna).

 

V. Dettagli sul rito delle esequie

Il cero pasquale

29. Nella celebrazione in chiesa, il cero pasquale deve essere posto in un punto ben visibile, per sottolineare la continuità tra Battesimo, morte, resurrezione dei credenti e mistero pasquale del Cristo. Per questo, la salma, o l’urna, dovrebbero essere poste, in chiesa, vicine al cero pasquale.

L’omelia

30. L’omelia deve spiegare ai presenti, per consolarli, il messaggio della fede in una prospettiva di morte e resurrezione. Si eviterà, quindi, di ripercorrere nel dettaglio la vita del defunto, concentrandosi invece su quello che la sua vita può aver rappresentato per l’impostazione della nostra vita da cristiani. Per questo è necessaria una certa empatia nei confronti dei congiunti, degli amici e dei conoscenti, oltre che il rispetto per il defunto.

Preghiere (Preghiere dei fedeli)

31. La preghiera di suffragio è espressione della fede in Dio, che concede ai fedeli ciò che essi Gli chiedono (cfr. Mt 7,7). In essa, i congiunti affidano i loro defunti alla misericordia e alla bontà di Dio. Anche nella messa funebre le preghiere dei fedeli devono essere brevi cercando di illuminare  il momento della morte e della sofferenza in spirito cristiano. Sono invece da evitare lunghe preghiere che facciano riferimento alla vita personale del defunto. Parole di gratitudine al defunto, infatti, dovrebbero aver luogo in altri momenti della celebrazione (per esempio nell’omelia, nell’offertorio, nell’introduzione,…), oppure nelle parole di commemorazione e nelle forme di commiato esterne al contesto liturgico (vedi sotto). 

Musica, canti e suono delle campane

32. La musica e il canto rivestono una particolare importanza nella liturgia per i defunti. Il lamento, le domande, le richieste, le speranze, la disperazione e la fiducia nel mistero pasquale trovano in essi un’espressione esemplare. Quindi, la musica e i canti devono essere in linea con lo spirito delle Sacre Scritture e della liturgia. Ulteriori richieste che non siano esattamente in linea con questo spirito possono essere prese in considerazione subito dopo la liturgia. Il suono delle campane scandisce il tempo del lutto e della speranza. Le diverse modalità del suono (campane a morto, commiato, ecc.) sottolineano il significato della vita, il richiamo a pregare e a rendere grazie a Dio, segnando così i momenti di commemorazione.

Discorsi commemorativi e forme di commiato non liturgiche

33. Nel caso in cui, durante un funerale, dei rappresentanti della vita pubblica o delle persone vicine al defunto vogliano pronunciare dei discorsi commemorativi, essi possono farlo, in ottemperanza alle usanze del luogo, alla fine della messa (o della liturgia della Parola) o dopo la conclusione del rituale al cimitero. Tali discorsi non verranno pronunciati dall'ambone, ma in un luogo più indicato. Forme di congedo non liturgiche durante la sepoltura (ad esempio gesti di congedo da parte di associazioni locali) sono da tenersi solo alla conclusione del rito religioso, come parte non integrante di questo. Se è previsto più di un oratore, è importante trovare un accordo. Per il rito del congedo con la salma presente prima della cremazione si veda al punto 19.

 

VI. Altri servizi

La comunità

34. Ogni celebrazione esequiale non è solo un rito rivolto ad una famiglia, o agli amici ed ai congiunti, ma anche una celebrazione di tutta la Chiesa, che si esprime nella comunità ecclesiastica presente (parrocchia, comunità locale). La celebrazione offre al tempo stesso la possibilità di un commiato pubblico. La comunità riunita dà il suo fondamentale contributo alla celebrazione funebre con la sua partecipazione, il suo essere pronta a ricevere la Parola di Dio, con la sua testimonianza di fede e la preghiera comunitaria (cfr. RE, Presentazione 5; RE, Premesse generali 16; Manuale tedesco 69).

La presidenza

35. È solitamente il sacerdote a presiedere la liturgia esequiale, o – ad eccezione della celebrazione eucaristica – il diacono. Per il rito funebre è responsabile il parroco locale (cfr. CIC can. 530). Se viene richiesto un altro sacerdote diocesano o ordinario (o anche un diacono), la sua presenza è da discutere con il parroco locale. In caso di necessità pastorale, il vescovo può incaricare anche dei laici come animatori delle esequie (cfr. RE, Premesse generali 19; Manuale tedesco, Pastorale Einführung 70). L'incarico deve comunque essere preceduto da una formazione per la celebrazione funebre.

Formazione di laici come animatori

36. A completamento delle linee guida “Formazione per la celebrazione della Parola, per i lettori, gli aiutanti alla Comunione e i cantori” (FDBB luglio-agosto 2009, 325-334) si fa presente che alla formazione vengono ammessi animatrici/animatori della liturgia della Parola che abbiano dichiarato la loro disponibilità e che siano stati riconosciuti come adatti al compito dal consiglio parrocchiale. Per i partecipanti a questa formazione, il parroco può far richiesta di incarico, previa decisione del consiglio parrocchiale, tramite l'ordinario. L'incarico viene affidato in forma scritta per cinque anni e può essere rinnovato. Gli incaricati verranno presentati durante una messa ed introdotti alla loro funzione. Se agli animatori non viene affidata l’omelia, essa, può essere sostituita da un testo di riflessione.

Accompagnamento dell'urna alla deposizione

37. Quando la deposizione dell'urna ha luogo a breve, o immediatamente dopo le esequie, un sacerdote, un diacono o un parroco possono autorizzare un membro della comunità ad accompagnare la deposizione dell'urna con la preghiera.

Altri servizi liturgici

38. Anche durante i riti funebri i servizi liturgici devono essere svolti nella loro completezza (cfr. Sacrosanctum Concilium, Nr.28, RE, Presentazione 5): lettori e lettrici, chierichetti, organisti, cantori, in particolare quelli che recitano i salmi insieme alla comunità. Se possibile, parenti, congiunti, amici ed altri membri della comunità potranno svolgere alcuni servizi liturgici durante le esequie (cfr. Manuale tedesco, Pastorale Einführung 72-74) o occuparsi di singole parti (musica, canto, preghiere di suffragio, ringraziamenti ecc.). Interventi troppo personali sono comunque da evitare.

Paramenti liturgici

39. Per il rito funebre tutti indossano i paramenti previsti per la santa messa (cfr. RE, Precisazioni, 9). I laici incaricati che presiedono il rito funebre indossano il camice.

 

VII. Situazioni particolari

40. Per i cattolici che hanno deciso per motivi di fede di uscire dalla Chiesa, o che hanno disposto nel testamento di non avere esequie religiose, non è previsto alcun rito funebre. Coloro che ne sono usciti per altri motivi, o che hanno dato poi segno di voler essere riaccolti, potranno essere sepolti con un rito religioso. In ogni situazione, tuttavia, la Chiesa offrirà la sua vicinanza pastorale ai congiunti, se essi la desiderano.

41. Il manuale in lingua tedesca “Die kirchliche Begräbnisfeier” contiene, nell'appendice 1, i testi indicati per l'accompagnamento della salma “se un rito religioso non fosse possibile” (Manuale tedesco, p. 197 e ss.; cfr. anche Manuale tedesco, Pastorale Einführung 75-82). Nel manuale vengono proposte anche altre situazioni degne di nota: per la cura pastorale in momenti di emergenza i “riti religiosi in caso di eventi catastrofici” (Manuale tedesco, p. 203 e ss; cfr. anche Manuale tedesco, Pastorale Einführung 83-85), per la cura pastorale negli ospedali il “rito per il congedo e la sepoltura dei bambini nati morti e abortiti” (Manuale tedesco, p. 211 e ss.; cfr. anche Manuale tedesco, Pastorale Einführung 86-89).

Approvazione

42. Queste linee guida sulle esequie religiose vengono approvate con questo documento e hanno validità a partire dalla domenica di Pentecoste, 19 maggio 2013. Esse vanno a sostituire la comunicazione dell'Ufficio pastorale sui riti esequiali e la cremazione dell'agosto 2001.

DIOCESI  BOLZANO-BRESSANONE
VESCOVO DIOCESANO

Folium Diœcesanum Bauzanense-Brixinense 2012, 28-29.

LINEE GUIDA
riguardanti le celebrazioni della Parola


Le celebrazioni della Parola nella liturgia della Chiesa

L’eucaristia è la celebrazione centrale della Chiesa. In quanto “centro, fonte e culmine”, come dice il Concilio Vaticano II, tutte le altre celebrazioni liturgiche sono ad essa ordinate. La celebrazione della Parola acquista sempre maggiore importanza nelle parrocchie e nelle unità pastorali della diocesi di Bolzano-Bressanone. Essa costituisce una forma a se stante della liturgia e si distingue dalla celebrazione eucaristica.


Per la nostra diocesi vale quanto segue:

Nella celebrazione della Parola non può essere distribuita la comunione. Uniche eccezioni sono le celebrazioni della Parola negli ospedali, nella case di riposo e le celebrazioni per persone malate, deboli o bisognose di cure quando si porta loro la comunione in casa.


Motivazioni per queste direttive

Nella celebrazione della Parola è la stessa Parola di Dio al centro. All’annuncio segue la risposta della comunità nel silenzio e nella preghiera penitenziale o di lode o di supplica. Invece la distribuzione della comunione appartiene alla celebrazione eucaristica ed è in stretta relazione con la presentazione dei doni, la preghiera eucaristica e i riti di comunione.


Ringraziamento – invito

Ringrazio i sacerdoti, diaconi, coloro che presiedono le celebrazioni della Parola e li incoraggio a favorire insieme con le comunità parrocchiali le celebrazioni della Parola come una delle colonne della liturgia comunitaria. Nel medesimo tempo invito ad apprezzare e sperimentare l’intera ricchezza delle celebrazioni: accanto alla celebrazione eucaristica e alla celebrazione della Parola anche la liturgia delle ore, l’adorazione eucaristica, la preghiera comunitaria del rosario e tutte le altre forme ecclesiali di preghiera.

 

DIOCESI BOLZANO-BRESSANONE
CURIA VESCOVILE
VICARIO GENERALE

Folium Diœcesanum Bauzanense-Brixinense 2011, 233-237.

ORIENTAMENTI
per la remunerazione di servizi straordinari nella liturgia, catechesi e formazione

 

1. I cambiamenti nella Chiesa toccano notevolmente sia i responsabili che i collaboratori della pastorale. Sono sempre più numerosi i parroci responsabili o moderatori di più parrocchie. I diaconi operano nel campo dell’annuncio, della catechesi, della carità e della liturgia. Dei laici sono incaricati di presiedere celebrazioni della Parola. Qui di seguito vengono date indicazioni per la remunerazione dei servizi prestati sia da sacerdoti che da diaconi che da laici fuori dell’ambito per il quale sono incaricati.

 

Servizi prestati da sacerdoti

Premesse

2. Il parroco responsabile di una o più parrocchie stabilirà insieme con i consigli pastorali parrocchiali o il consiglio pastorale unitario, l’orario e il numero delle Messe, soprattutto quelle domenicali, in modo che egli sia in grado di provvedervi da solo. A tale riguardo sono da osservare le norme canoniche che prevedono che il sacerdote celebri una volta al giorno, per motivate ragioni due volte e, se c’è necessità pastorale, anche tre volte nelle domeniche e nelle feste. Ciò premesso, ci saranno comunque particolari occasioni o necessità in cui il parroco di una o più parrocchie dovrà chiedere aiuto a un altro sacerdote per la celebrazione di Messe o altri servizi pastorali (prediche, conferenze, ecc.).

3. Si parte dal principio che ogni sacerdote è di per sé disposto a prestare il suo aiuto nella pastorale e quindi è aperto e pronto a rispondere positivamente a richieste di aiuto. E ciò esprime e rafforza la comunione di ogni sacerdote nel presbiterio diocesano.

Remunerazione per servizi

4. I sacerdoti ricevono per il loro sostentamento quanto è stabilito in funzione del loro incarico e della loro situazione. Ciò nonostante è giusto stabilire una remunerazione per i servizi straordinari prestati da un sacerdote in una parrocchia o unità pastorale per la quale non ha alcun incarico, remunerazione che deve essere adeguata alla situazione economica della parrocchia o delle parrocchie dell’unità pastorale. A titolo indicativo un servizio sia così remunerato:

  • l’offerta stabilita dalla diocesi per una Messa, se è stata celebrata una Messa secondo l’intenzione della parrocchia;
  • le spese di viaggio secondo la tariffa pubblicata sul Folium Dioecesanum;
  • l’importo uguale all’offerta stabilita dalla diocesi per una Messa come compenso per una predica, un’ora di confessionale o una celebrazione liturgica (cresima, penitenziale, ecc.).

5. Se viene richiesto un servizio per singole parrocchie affidate al medesimo parroco, le spese vanno ripartite in misura proporzionale fra tutte le parrocchie affidate al parroco (cfr. FD 2003, pag. 736).

6. La remunerazione di servizi prestati da religiosi si regola secondo i sopraddetti criteri, tenendo conto caso per caso delle situazioni particolari.

7. L’aiuto di sacerdoti “esterni” dovrebbe essere programmato a lungo termine e discusso nel consiglio pastorale parrocchiale.

Servizi prestati in parrocchie appartenenti a una unità pastorale

8. I sacerdoti che prestano servizio nell’ambito di una unità pastorale nelle varie parrocchie ad essa appartenenti dovrebbero regolare il loro servizio in linea di massima con il moderatore dell’unità pastorale, tenendo conto delle spese di viaggio e della applicazione dell’intenzione di Messa.

9. Se in una unità pastorale è richiesto un servizio particolare, le spese vanno ripartite in misura proporzionale fra tutte le parrocchie (cfr. Folium Dioecesanum 2003, pag. 736), oppure messe a carico della cassa comune dell’unità pastorale, se costituita.

10. L’aiuto di sacerdoti “esterni” dovrebbe essere programmato a lungo termine e discusso nel consiglio pastorale unitario.

 

Servizi liturgici prestati da diaconi permanenti fuori dell’ambito per il quale sono incaricati

Premesse

11. I diaconi permanenti ricevono dal Vescovo l’incarico del servizio in una parrocchia o in un determinato settore pastorale. Se il diacono è incaricato del servizio in una unità pastorale o in più parrocchie affidate allo stesso parroco, i suoi compiti vengono chiaramente stabiliti in un accordo scritto fra l’interessato e il parroco competente.

12. Se un diacono presta un servizio regolarmente o in qualche caso fuori dell’ambito per il quale è incaricato, cioè in altre parrocchie o sul piano decanale, questo servizio deve essere precisato in accordo con il sacerdote (parroco o moderatore dell’unità pastorale) responsabile del suo ambito di servizio e il corrispettivo parroco o decano.

Remunerazione dei servizi straordinari prestati da un diacono

13. Se a un diacono viene richiesto, da un parroco fuori dell’ambito per il quale è incaricato, un aiuto nel servizio omiletico o di animazione di celebrazioni liturgiche, gli vengono rimborsate le spese di viaggio secondo la tariffa pubblicata sul Folium Dioecesanum.

14. Tali spese sono sostenute dalla parrocchia o rispettivamente dall’unità pastorale in misura proporzionale o con la cassa comune.

15. Il servizio dei diaconi permanenti fuori dell’ambito per il quale sono incaricati dovrebbe essere di norma programmato a lungo termine nel consiglio pastorale parrocchiale o nel consiglio pastorale unitario, tenendo conto in ogni caso anche della disponibilità dell’interessato.

 

Servizi prestati da laici fuori dall’ambito del loro incarico

16. Il Vescovo, su proposta del competente consiglio pastorale parrocchiale e dopo la necessaria formazione, dà incarico a laici di svolgere celebrazioni della Parola o altre celebrazioni liturgiche in una parrocchia o in una unità pastorale. Tale compito viene regolato in accordo fra il competente parroco o moderatore dell’unità pastorale e l’incaricato.

17. Se un laico che ha l’incarico di animatore di celebrazioni, viene richiesto da un parroco di prestare la sua opera fuori dell’ambito del suo incarico, gli vengono rimborsate le spese di viaggio secondo la tariffa pubblicata sul Folium Dioecesanum.

18. Queste spese sono sostenute dalla parrocchia rispettivamente dall’unità pastorale in misura proporzionale o con la cassa comune.

19. L’impegno di laici fuori dell’ambito del loro incarico dovrebbe essere di norma programmato a lungo termine e discusso nel consiglio pastorale parrocchiale o nel consiglio pastorale unitario, tenendo conto in ogni caso della disponibilità dell’interessato.

 

Compensi per iniziative e relazioni nel campo formativo

20. Per l’organizzazione di iniziative nel campo formativo nelle parrocchie e nelle unità pastorali è a disposizione il Bildungswerk (piazza Duomo 2, 39100 Bolzano, tel. 0471 306 209, www.kbw.bz.it) al quale possono essere richiesti relatori sui diversi argomenti. La prestazione dell’onorario (contributo dei partecipanti, attestato di versamento, ecc.) avviene attraverso questo ente.

21. Se una parrocchia o un gruppo parrocchiale organizzano per proprio conto iniziative o relazioni nel campo formativo, si deve in ogni caso ricordare che i relatori, i quali prestano gratuitamente la loro opera e ricevono solo il rimborso delle spese, devono sottoscrivere la dichiarazione di rinuncia all’onorario che deve essere trasmessa al Bildungswerk, perché organizzatori e relatori siano a posto con le norme fiscali.

 

Compensi per l’utilizzo di strutture parrocchiali

22. Se strutture o locali parrocchiali (anche della canonica) sono usati per iniziative interparrocchiali, si deve stabilire la partecipazione alle spese sulla base dei seguenti criteri:

  • in caso di utilizzo una tantum o casuale si può concordare una specie di “affitto” che comprenda in un importo forfettario le spese di riscaldamento, pulizia, ecc., importo che verrà versato alla parrocchia quale rifusione delle spese da parte delle parrocchie partecipanti (in misura proporzionale) o rispettivamente dall’unità pastorale o dal decanato
  • in caso di utilizzo regolare si può parimenti concordare un importo forfettario per tutto il tempo di utilizzo, importo che verrà versato quale rifusione delle spese da parte delle parrocchie partecipanti o rispettivamente dall’unità pastorale o dal decanato.

23. La partecipazione e la rifusione delle spese da parte di più parrocchie o di una unità pastorale o di un decanato presuppongono che queste istituzioni dispongano in qualche modo di una cassa comune.

24. L’istituzione di una tale cassa comune è consigliabile e si può realizzare così: le parrocchie partecipanti, in vista delle spese previste (per es. programma pastorale annuale, costi fissi, ecc.), versano quale acconto nella cassa comune una determinata quota che può essere proporzionale al numero degli abitanti di ogni parrocchia e ripetono questo acconto proporzionale ogni volta che è necessario.

La Conferenza dei decani nella seduta del 7 aprile 2011 ha approvato le indicazioni per la remunerazione di servizi straordinari nella liturgia, catechesi e formazione e ne ha chiesto al Vescovo la pubblicazione. Esse sostituiscono le indicazioni finora in vigore (cfr. Folium Dioecesanum 1996, pag. 289) e valgono come orientamento dal 1° maggio 2011.

DIOCESI BOLZANO-BRESSANONE
CURIA VESCOVILE

COMMISSIONE PER LA LITURGIA

Folium Diœcesanum Bauzanense-Brixinense 2005, pp. 140-142.

ORIENTAMENTI
per l’abbigliamento nella Liturgia

 

Viene spesso posta la domanda su quale sia l’abbigliamento adatto per i ministranti. Inoltre si sentono lamentele a proposito dell’abbigliamento di chi svolge altri servizi liturgici (per esempio lettori, ministri straordinari della Comunione, sacrestani). La Commissione liturgica ha approfondito queste problematiche ed ha elaborato alcune considerazioni in proposito, che possono servire come strumento di orientamento.

 

Questioni di fondo

Sia l’adeguamento liturgico della aula–chiesa che le suppellettili sacre e le vesti devono corrispondere all’azione liturgica.

Per le vesti liturgiche del sacerdote o del diacono “si possono usare altre fibre naturali proprie delle singole regioni, come pure fibre artificiali, rispondenti alla dignità dell'azione sacra e della persona” (cfr. Ordinamento Generale del Messale Romano – OGMR 343).

“La bellezza e la nobiltà delle vesti si devono cercare e porre in risalto più nella forma e nella materia usata, che nella ricchezza dell'ornato. Gli ornamenti possono presentare figurazioni, o immagini, o simboli, che indichino l'uso sacro delle vesti” (OGMR 344)

Con le vesti sacre, come anche con un abbigliamento appropriato, la singola persona si pone in secondo piano ed assume nella celebrazione pubblica della Chiesa il ruolo da essa previsto. Questo fatto esprime visibilmente la differenza rispetto all’agire quotidiano e conferisce valore all’azione liturgica.

Tutti i fedeli che partecipano a celebrazioni liturgiche debbono prestare attenzione a che il loro abbigliamento sia decoroso. Questo vale anche ogni qualvolta si visita una chiesa anche se non è in corso una celebrazione.

 

Le vesti dei ministri ordinati

In primo luogo si indica che i sacerdoti e i diaconi portino le vesti sacre previste (OGMR 118-119; 337-341): camice, stola, casula o pianeta e rispettivamente dalmatica. Anche i sacerdoti concelebranti devono indossare le vesti liturgiche previste, in ogni caso camice e stola.

Le vesti sacre siano lavate regolarmente; ciò vale soprattutto per camice ed amitto. Agli ospiti sia sempre dato un amitto pulito. Questi aspetti vengano trattati con sufficiente chiarezza con i sacrestani. Il lavaggio periodico valga anche per purificatoio e corporale. Vesti liturgiche non più utilizzabili possono essere eventualmente consegnate alle Suore Terziarie di Bressanone.

 

Le vesti proprie dei ministeri liturgici

La veste sacra prevista dalle norme liturgiche per tutti i ministeri liturgici è il camice, sia per gli uomini che per le donne. In quanto abito bianco e lungo ricorda la dignità battesimale e la vocazione comune alla partecipazione attiva, consapevole e piena alla liturgia.

Tutti coloro che indossano il camice possono fare uso del cingolo e dell’amitto, a meno che per la forma stessa del camice non siano necessari. Nel confezionare le vesti bianche si eviti ogni aggiunta che non corrisponda alla semplicità della veste battesimale, come anche ogni aggiunta che imiti una stola.

Nella nostra diocesi è uso che lettori, ministri straordinari della Comunione e sacrestani non indossino una veste liturgica propria. Essi indossano un abito civile adatto alla circostanza, riguardo al quale si presti attenzione al fatto che ogni celebrazione ha carattere festivo. L’abbigliamento deve adeguarsi a tale carattere. All’interno dell’aula liturgica abiti eccessivamente alla moda o inappropriati feriscono i sentimenti religiosi e la sensibilità della gente (per esempio senza maniche, a pancia scoperta, pantaloni o gonne corte, abiti da lavoro o abbigliamento sportivo appariscenti, pettinatura non curata, ecc.). Il motivo di ciò è costituito dal fatto che deve poter sempre rimanere al centro dell’attenzione l’annuncio del Signore nella sua Parola e la Sua presenza. Tutto quello che distrae deve essere evitato. Un colloquio in questo senso con chi svolge un ministero liturgico può aiutare a fare chiarezza.

Anche se si consiglia in linea generale come veste per i chierichetti l’abito lungo bianco, da noi sono d’uso diffuso abiti da ministranti secondo il modello dell’abito in due o tre parti del chierico o del canonico (da qui anche il nome di chierichetti). Laddove siano utilizzate queste vesti, l’uso può essere mantenuto. Si presti attenzione che le vesti siano previste nelle differenti misure e nei colori liturgici. Non è molto decoroso e quindi da evitarsi che i ministranti debbono indossare vesti troppo grandi o troppo piccole. Un abbigliamento non adeguato può creare insicurezza. Si badi anche a lavare regolarmente le vesti e al fatto che anche le vesti dei chierichetti debbono venire sostituite quando risultino inutilizzabili.

Per i ministranti grandi è adatto l’abito lungo bianco di taglio corrispondente.

Chi guida una Liturgia della Parola può indossare il camice come veste liturgica; in particolare si consiglia in questo caso che anche chi svolge un servizio sia vestito liturgicamente.

 

 

DIOCESI BOLZANO-BRESSANONE
VESCOVO DIOCESANO

Folium Diœcesanum Bauzanense-Brixinense 1998, pp. 581-585.

Lodare Dio in lingue diverse
INDICAZIONI
sull'uso della lingua nelle celebrazioni liturgiche

 

1. Varietà delle lingue e celebrazione della fede

1.1. La capacità di esprimersi nelle diverse lingue appartiene all'opera creatrice di Dio. La molteplicità delle lingue è infatti espressione della ricchezza della creazione, ordinata alla gloria di Dio.

1.2. La Bibbia narra difficoltà incontrate dal popolo eletto e dalla Chiesa primitiva nel relazionarsi con altri popoli e con persone di altre fedi religiose. La pace fra i popoli e il superamento delle divisioni sono ritenuti segni della salvezza.

1.3 Il Concilio Vaticano II ha considerato uno dei suoi compiti precipui quello di offrire ai fedeli la "mensa della Parola di Dio" con maggiore abbondanza. La celebrazione della liturgia nella propria madrelingua ne è una evidente conferma. Infatti l'uso della lingua materna rende possibile e promuove la partecipazione piana, cosciente ed attiva dei fedeli all'azione liturgica.

 

2. La situazione linguistica nella Diocesi di Bolzano-Bressanone

2.1. La Chiesa locale cerca di impegnarsi nel promuovere la pace e la convivenza in questa terra. Questa lo si riscontra anche nel modo come vengono affrontati e risolti problemi linguistici al suo interno. Nelle celebrazioni liturgiche parrocchiali si usa normalmente una sola lingua, ma vi sono situazioni particolari che esigono l'uso bilingue o plurilingue.

2.2 Nelle valli ladine vi è una situazione di ulteriore particolarità. Grazie alle indicazioni del Concilio Vaticano II l'uso della lingua ladina nella liturgia ha avuto un ulteriore incremento. Ciononostante le popolazioni ladine desiderano che sia dato il giusto spazio anche alle altre due lingue, l'italiano e il tedesco. Lo esige pure il rispetto dovuto a chi fin dall'infanzia ha pregato nell'una o nell'altra lingua.

2.3 Gli orientamenti per le celebrazioni liturgiche plurilingui dovranno offrire opportune indicazioni in merito. Ma è evidente che il problema non può essere affrontato e risolto soltanto con orientamenti e prescrizioni; occorre anzitutto una effettiva volontà di essere segno di unità in questa Chiesa particolare.

2.4 In Alto Adige i vari servizi che la chiesa offre a livello liturgico formativo e culturale, si svolgono a seconda dei destinatari nell'una o nell'altra lingua. L'esperienza ha dimostrato la bontà di questa prassi.

2.5 Sempre più si comprende che in certe occasioni è opportuno che la celebrazione liturgica sia plurilingue. Gli orientamenti indicati nel presente documento si riferiscono espressamente alle liturgie bilingui o plurilingui, che da noi in Alto Adige incontrano qualche resistenza. Questo documento desidera offrire anche un aiuto per l'animazione delle celebrazioni liturgiche nei luoghi meta di turisti.

 

3. Le lingue nelle celebrazioni liturgiche

Celebrazione nella madrelingua

3.1. Le persone hanno il diritto di esprimersi nella propria madrelingua. Sono molti i fedeli che sentono l'esigenza di servirsi nella preghiera e nelle celebrazioni liturgiche nella loro lingua materna. Per questo è norma abituale l'uso della madrelingua nelle celebrazioni liturgiche. L'uso della madrelingua nella liturgia esprime molti valori:

3.1.1 La risonanza che la lingua usata nella celebrazione liturgica evoca nel fedele, si rapporta alla sua esperienza personale acquisita nell'infanzia e nell'età scolare. Essa viene accolta come continuità della formazione religiosa avuta nella lingua materna.

3.1.2 È innato nelle persone esprimere i propri sentimenti nella propria madrelingua, particolarmente quelli religiosi.

3.1.3 Per cui pregare secondo la "lingua del cuore" è per molti una profonda esigenza.

3.1.4 L'uso della lingua italiana o tedesca nelle celebrazioni liturgiche è frutto di una tradizione plurisecolare.

3.1.5 Nelle valli ladine, mentre in passato il ladino non assurse mai a lingua liturgica, ora il suo uso va gradualmente diffondendosi.

La celebrazione plurilingue

3.2. L'uso di più lingue nella stessa celebrazione liturgica, si rende opportuno per vari motivi, può essere anch'esso espressione di valori significativi e di arricchimento per la comunità:

3.2.1 Le celebrazioni liturgiche plurilingui esprimono la molteplicità di doni e l'impegno di comunione fra i fedeli di una comunità parrocchiale o della diocesi.

3.2.2 Sono segno di rispetto verso le persone che conoscono una sola lingua e non hanno la possibilità di accedere ad una liturgia nella loro propria madrelingua.

3.2.3 Tengono in dovuta considerazione la rispettiva cultura e identità dei partecipanti.

3.2.4 Poiché ogni giorno nella vita pubblica si incontrano persone di diversa madrelingua, questa realtà dovrebbe rispecchiarsi anche nella vita di fede.

3.2.5 La celebrazione liturgica plurilingue riflette la concreta situazione locale, dove persone di diversa lingua vivono insieme.

 

4. Criteri per la scelta di celebrazioni monolingui o plurilingui

4.1. Come esiste il diritto all'uso della madrelingua, esiste anche il dovere di aprirsi agli altri. Nella scelta dei testi liturgici da pronunciarsi nell'una o nell'altra lingua o in più lingue, si tenga conto delle concrete situazioni.

4.2. Vari possono essere i motivi che inducono una comunità parrocchiale nel promuovere liturgie plurilingui:

4.2.1 Esistono parrocchie mistilingui, nelle quali la cura d'anime è affidata ad un unico sacerdote.

4.2.2 Esistono comunità parrocchiali monolingui, che in certi periodi dell'anno ospitano turisti che non conoscono la lingua del posto e partecipano alle celebrazioni liturgiche.

4.2.3 Nelle parrocchie mistilingui alcune celebrazioni liturgiche è bene siano vissute dall'intera comunità (p. es. Natale, Triduo Pasquale, Cresima, Corpus Domini, ecc. ...)

4.2.4 Particolari situazioni familiari consigliano che la liturgia venga celebrata in più lingue (p. es. matrimoni, battesimi, funerali, ecc...). Si raccomanda al riquardo un'attenzione particolare alle esigenze delle rispettive famiglie.

 

5. Alcune linee circa l'uso della lingua nelle celebrazioni liturgiche plurilingui

Per l'uso della lingua nelle celebrazioni liturgiche plurilingui è opportuno non fissare indicazioni troppo dettagliate. Pertanto, più che dare delle norme, si ritiene opportuno stabilire alcune linee di base in modo che siano garantite la particolarità delle lingue e l'unità della celebrazione. In ogni caso non ci si potrà attenere alla logica della "proporzionale".

5.1 Alcune parti della celebrazione plurilingue possono essere, ad esempio, il saluto iniziale, l'invito a scambiarsi la pace, il commiato. Va evitata la pura e semplice traduzione di altre parti quali l'omelia, l'introduzione alle letture, le raccomandazioni finali.

5.2 L'esperienza di sacerdoti che svolgono il loro ministero in parrocchie mistilingui, insegna quanto sia opportuno nella celebrazione liturgica usare una lingua come "base" e di inserire la seconda lingua in modo appropriato.

5.3 Le singole parti che compongono una evidente unità, come per esempio il Vangelo e la Preghiera Eucaristica, vanno proclamate in una sola lingua.

5.4 Si raccomandi la comune partecipazione ai canti e alle preghiere anche se diversi dalla madrelingua. Nella scelta dei canti si tenga conto della diversità delle lingue. In particolare quei canti, di cui esistono testi tradotti in varie lingue, si prestano per essere eseguiti insieme da tutta l'assemblea, oppure a strofe alternate nelle diverse lingue. Si può raccomandare l'uso di brevi ritornelli ad una o più voci esequiti in una lingua che accomuni tutta l'assemblea.

5.5 Nella preparazione della celebrazione liturgica si coinvolga il maggior numero possibile di persone soprattutto per particolari celebrazioni.

5.6 I testi siano di norma proclamati da lettrici e lettori della rispettiva madrelingua.

5.7 E' opportuno comunicare in quale lingua si svolge la celebrazione liturgica.

5.8 Una parola a parte merita l'antica lingua liturgica del latino. Data la sua importanza per gli incontri a carattere internazionali, è bene educare i fedeli ad alcuni canti fondamentali in lingua latina. Si ricordi al riquardo il patrimonio musicale latino die nostri cori parocchiali.

5.9 Eventuali sussidi liturgici che offrano la traduzione del testo nell'altra lingua potranno essere di grande aiuto pastorale per l'assemblea celebrante.


6. La struttura formale delle celebrazioni liturgiche plurilingui

Nella programmazione di celebrazioni liturgiche in più lingue va tenuto conto di alcuni aspetti:

6.1 Lo spazio da riservare alle diverse lingue va definito di volta in volta in base alla concreta situazione, dopo aver sentito il parere dei vari gruppi linguistici nei loro organi rappresentativi. Ciò garantisce un certo equilibrio, per cui nessun gruppo si sentirà trascurato.

6.2 Il minimo di attenzione ad una minoranza linguistica presente nell'assemblea liturgica comprende certamente il saluto iniziale, l'invito allo scambio della pace e un saluto augurale prima della benedizione finale.

6.3 È opportuno inserire qualche parte propria nella celebrazione, quale può essere una lettura e qualche intenzione nella preghiera dei fedeli. Ovviamente non basta porgere soltanto un saluto all'inizio e alla fine.

6.4 Una maggiore attenzione verso i singoli gruppi linguistici comporta una scelta equilibrata dei vari elementi della celebrazione. Quali parti vanno dette nell'una e quali nell'altra lingua, lo si decida per tempo nella preparazione. E' chiaro che ciò richiede maggior tempo per la preparazione e un'adeguata partecipazione di persone interessate.

La Commissione per la liturgia ha studiato e discusso gli aspetti legati alle celebrazioni bilingui e plurilingui sin dal 1992. In questo lavoro di ricerca sono stati raccolti modelli e indicazioni dall'Italia e dall'estero, in modo da poter elaborare le direttive per la nostra diocesi, direttive ripetutamente richieste dagli operatori pastorali. Già prima nel 1994 la sezione tedesca-ladina della Commissione per la liturgia ha formulato i primi risultati, li ha trasmessi alla sezione italiana per un ulteriore approfondimento e nel 1995 li ha sottoposti al vescovo, che li ha integrati con le proprie osservazioni e indicazioni. Nel frattempo sono pervenuti anche i suggerimenti da parte della sezione italiana. Un gruppo di lavoro composto da esperti, membri della Commissione per la liturgia e un rappresentante della Commissione per il turismo si è assunto poi il compito di elaborare il testo che oggi viene presentato. In occasione del convegno "Gott loben in verschiedenen Sprachen - Lodare Dio in lingue diverse - Laldé le Signur te plü lingác", tenutosi il 7 maggio 1998 all'Accademia Cusano di Bressanone e al quale sono stati invitati sacerdoti di lingua italiana, tedesca e ladina, religiosi, insegnanti di religione e persone attive nella pastorale, il documento è stato presentato nelle tre lingue. I partecipanti hanno avuto la possibilità di discutere la bozza del testo e di formulare le rispettive proposte di modifica. Il citato gruppo di lavoro ne ha tenuto conto in sede di stesura finale. Le Commissioni per la liturgia, sezione italiana e sezione tedesca-ladina, hanno predisposto il testo che viene qui presentato e lo hanno consegnato al vescovo con preghiera di approvazione e pubblicazione. IL Vescovo ha approvato il documento in data 28 settembre 1998.

Qui potete scaricare la versione ladina delle indicazioni sull’uso della lingua nelle celebrazioni liturgiche: PDF.

 

FDBB

Il "Folium Dioecesanum Bauzanense-Brixinense" (FDBB) è il bollettino ufficiale della Diocesi di Bolzano-Bressanone.