Un incontro speciale si è tenuto ieri negli uffici del vescovo nel Centro pastorale a Bolzano: monsignor Ivo Muser ha ricevuto don Josef Maas della diocesi di Treviri, oggi 95enne, che negli anni '60 era cappellano nel carcere di San Vittore a Milano. Dal 1958 al 1968 Maas fu incaricato della pastorale dei cattolici di lingua tedesca nell'Italia settentrionale. In questo periodo divenne anche assistente spirituale dei sudtirolesi incarcerati in seguito alla Notte dei fuochi e ai processi di Milano e, su richiesta della direzione del penitenziario, li accompagnò con il suo servizio pastorale nella loro madrelingua.
Come noto, negli anni '50 e '60 l'Alto Adige fu teatro di una serie di attentati collegati al Befreiungsausschuss Südtirol (BAS, il Comitato di liberazione dell'Alto Adige). Dopo la Notte dei fuochi del giugno 1961, numerosi membri del BAS furono arrestati e processati a Milano. Il primo processo milanese del 1964 e altri procedimenti portarono a lunghe pene detentive per molti dei coinvolti, tra cui anche il leader del BAS, Sepp Kerschbaumer, che morì in carcere nello stesso anno.
A San Vittore il cappellano Maas – come ha raccontato al vescovo – celebrava regolarmente la Santa Messa con i detenuti, ascoltava le loro preoccupazioni e viveva momenti profondi di fede. Il ricordo di don Maas: “Sepp Kerschbaumer aveva chiesto che venissero aperti gli spioncini delle celle. Da quel giorno, ogni sera alle 18 iniziava a recitare il rosario a voce alta assieme agli altri reclusi, ognuno dalla propria cella. Per loro era una preghiera comunitaria, ma soprattutto un segno di conforto e di forza in un momento difficile.”
In segno di gratitudine e affetto, i detenuti sudtirolesi gli donarono una statua della Madonna con il Bambino, che il sacerdote ha conservato per oltre sei decenni. Al vescovo Muser ha spiegato perché ora ha deciso di riportarla in Alto Adige: “La statua era per questi uomini un segno di speranza in una situazione di grande difficoltà. Per me era molto importante riportarla nella terra di origine di chi me l'aveva donata”.
Dopo aver consegnato personalmente la statua lignea al vescovo, Josef Maas e monsignor Muser hanno celebrato assieme la Santa Messa. Nella visita il sacerdote ha rivolto un appello anche alle giovani generazioni: “Ricordiamoci che siamo un'Europa composta da molti Paesi e molte lingue. La diversità linguistica è una grande ricchezza ed è una via verso la pace. Mi auguro che i giovani imparino le lingue straniere, non solo per una maggiore competenza, ma come ponte di comprensione per superare i malintesi e favorire una convivenza pacifica".
Il vescovo Muser ha sottolineato il legame pluridecennale di don Maas con l’Alto Adige e il suo impegno nel servizio pastorale: “La statua di Maria è più di un semplice ricordo, perché rappresenta l'umanità e la vicinanza che un sacerdote può donare alle persone che si trovano in una situazione di vita difficile. Ringrazio Josef Maas per la sua toccante testimonianza, che ancora oggi mostra i suoi frutti”.
Al termine dell'incontro, don Maas ha consegnato al vescovo un altro regalo speciale: un frammento di una casula sacerdotale appartenuta al cardinale Niccolò Cusano, che era originario di Kues sulla Mosella, vicino a Treviri, e che nel XV secolo era vescovo di Bressanone. Come umanista e importante teologo, è considerato ancora oggi un precursore di una fede aperta e dell'unità nella diversità. In sua memoria, anche il centro di formazione diocesano a Bressanone porta il suo nome. “Questo paramento sacro è legato a un pezzo della nostra storia, è un ponte tra la Mosella e l'Alto Adige, tra il patrimonio spirituale e il presente ecclesiale”, ha concluso il vescovo Muser.