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Comunicati 2019

Mons. Muser presenta le linee programmatiche del nuovo anno pastorale

“Non confondiamo la comunità con la community”. Questo l’appello del vescovo Ivo Muser che, concludendo oggi (21 settembre) a Bressanone il Convegno pastorale, ha presentato le linee programmatiche del nuovo anno pastorale “Sulla tua Parola: credere, comprendere, vivere insieme”. L’introduzione del nuovo percorso per la preparazione alla cresima, la creazione di team pastorali nelle parrocchie, il nuovo percorso diocesano di formazione e le iniziative dell’ufficio missionario per il mese missionario straordinario voluto da Papa Francesco sono alcuni dei temi affrontati dal vescovo nel suo intervento.

In un momento storico in cui – come riferisce uno studio dell’Astat – un utente di internet su due utilizza i social media, è bene abitare queste “piazze virtuali”, senza mai confondere, però la comunità con la community. “Nella comunità – ha ricordato questa mattina il vescovo Muser – si condividono contenuti e si costruisce lo stare insieme a favore del bene comune. Anche se viviamo nell’epoca dei ‘like’ e del ‘mi piace’ o del ‘non mi piace’, per una società sono necessari la riflessione e un confronto in profondità con temi e persone. Solo questo approccio aiuta a creare nuove relazioni e quindi comunità”.

 

“Serve meno io e più noi”

Per abitare consapevolmente le “piazze virtuali”, “che rischiano di ridurre il mondo a slogan” e dove si fatica sempre più a distinguere il vero dal falso, “è necessaria una maggiore responsabilità per il noi”. “L’io nella nostra società, e anche nella nostra Chiesa – ha sottolineato mons. Muser – è diventato molto abbondante. Serve meno io e più noi. Meno individualismo e più responsabilità per il bene comune”.

 

Informazione e verità

“Il problema della verità e del suo rapporto con l’informazione è centrale nel mondo di oggi, che è fatto di notizie diffuse attraverso i canali più diversi”, ha puntualizzato il vescovo ricordando quanto chiesto ai professionisti della comunicazione in occasione della festa di s. Francesco di Sales, lo scorso 24 gennaio: non accontentarsi mai di ciò che appare come verità; selezionale non solo notizie vere, ma scegliere anche tra notizie che valgono e informazioni pilotate; attenzione e sensibilità anche per le “good news” e per quanti non hanno voce nella nostra società, continuando “a lavorare per una convivenza autentica e per fare comunità fra le persone di diversa provenienza e gruppi linguistici”. “Una buona comunicazione – ha detto mons. Muser – non importa a quale livello, contribuisce alla convivenza e a fare in modo che una community diventi una comunità. Mi auguro che ciascuno di noi sappia comunicare decisioni e posizioni che sono in armonia con il Vangelo e non solo sulle piattaforme digitali”. Tre i valori di fondo indicati dal vescovo: il rispetto della persona, il dialogo come onesta ricerca della verità e l’incontro “come un andare uno verso l’altro, che è sempre un dare e un avere”. In un’epoca in cui “veniamo inondati da informazioni”, serve un’autentica opera di discernimento, “che richiede tempo, riflessione, silenzio, responsabilità, confronto e colloquio”.

 

“Sulla tua Parola: credere, comprendere, vivere insieme”

Tre i punti su cui ruota il nuovo tema pastorale: credere, comprendere e vivere insieme. “La fede non è una proprietà statica – ha ricordato il vescovo –. Credere significa restare in cammino e cercare Dio. È quindi importante creare nelle nostre parrocchie proposte e offerte che possano far crescere le persone nella loro fede”. Tante sono in diocesi le persone che svolgono un prezioso servizio nella comunità. “Il percorso di formazione diocesano vuole essere uno strumento di aiuto a queste persone, per acquisire le conoscenze e le adeguate competenze da impegnare nel loro servizio”, ha detto mons. Muser. “Obiettivo del nostro cammino di fede è sempre la persona – ha proseguito –. Fede e vita vanno assieme. La fede è unita indissolubilmente con il quotidiano del nostro mondo, in tutte le sue sfumature e i suoi colori: per questo il terzo punto centrale del nuovo tema annuale deve riguardare il dialogo con il mondo. Le questioni della responsabilità verso il creato, dell’economia, della politica, ma anche del dialogo ecumenico e interreligioso non sono un’appendice esteriore, bensì la prova del nove nei casi di necessità della nostra fede”.

 

Nuovo percorso di preparazione alla cresima e team pastorali

Prosegue il cammino del nuovo percorso di preparazione alla cresima, che sarà ora introdotto a livello di unità pastorali, divenendo laboratorio su cui sperimentare nuove forme di collaborazione tra parrocchie. “Proprio in tempi difficili come oggi – ha ricordato mons. Muser – non possiamo cedere alla tentazione di ritirarci al nostro interno. È sempre più necessario un lavoro di rete, che sostiene e produce frutti. L’unità pastorale è uno di questi spazi della relazione e della solidarietà, nel quale le parrocchie si sostengono e aiutano l’un l’altra e avviano progetti comuni. Proprio guardando al nuovo percorso della cresima, sarebbe assurdo se ogni parrocchia lavorasse per conto suo. Abbiamo bisogno di sinergia e di approcci comuni”. Il vescovo ha quindi annunciato l’introduzione graduale di team pastorali in tutte le parrocchie della diocesi. “In questo modo diamo continuità allo sviluppo iniziato dopo il Concilio con l’introduzione dei Consigli pastorali parrocchiali – ha spiegato –. Affiniamo il mandato dei Cpp e affidiamo ad un gruppo di persone al suo interno una rafforzata corresponsabilità nella guida della parrocchia”. Un passo, questo, legato certo alla carenza di sacerdoti, ma che non ha come scopo esclusivo quello di sgravare di lavoro il parroco. In questi anni la figura del parroco di paese, come la conosciamo tradizionalmente, non esiste più e non ci sarà più. “È un’illusione pensare che il suo compito e mandato nella comunità venga semplicemente assunto da un team di volontari – ha puntualizzato il vescovo –. Oggi bisogna gestire un cambiamento epocale, un processo al termine del quale tutto non sarà più come prima. È un’opportunità per gestire il cambiamento e agire proattivamente. Anche per le parrocchie più grandi è una chance importante per vivere e testimoniare in modo nuovo la responsabilità comune di tutti i battezzati per il futuro della Chiesa”.

 

Un cammino fatto di fiducia, pazienza, tolleranza, gratitudine e gioia

Dare vita e forma ad una nuova esperienza di comunità cristiana non è una cosa automatica. “Occorre avere fiducia che Dio agisca nella sua Chiesa – ha chiarito mons. Muser – e avere fiducia reciproca. È necessario avere pazienza, perché stiamo ancora imparando e una nuova immagine di Chiesa, di parrocchia, crescerà solo con l’esperienza. Ci serve la pazienza di lasciar crescere le cose e di tollerare gli errori. Chi osa qualcosa di nuovo non può pretendere che sia subito perfetto. Non mancheranno certo i segni della presenza creatrice di Dio. In ogni parrocchia, anche nelle difficoltà maggiori, ci sono tante ragioni per essere riconoscenti. La gratitudine ci cambia e ci mette in relazione con Dio. Esercitiamoci nella riconoscenza”. Come atteggiamento di fondo mons. Muser indica la gioia, “segno incontrovertibile che lo spirito di Dio agisce in noi”. “Lasciamo che sia la gioia l’indice per misurare se in tutti questi cambiamenti del nostro tempo siamo sulla strada giusta – ha aggiunto –. Allora il cambiamento sarà dono e promessa di abbondanza”.

 

“La formazione contribuisce alla vivacità della comunità”

Il processo di cambiamento all’interno delle comunità parrocchiali deve essere necessariamente accompagnato e sostenuto dalla formazione. “Essa aiuta a farà sì che questo processo non sia pura organizzazione – ha spiegato il vescovo – ma resti legato al mandato essenziale della Chiesa. La formazione rafforza le persone nel loro agire e offre loro gli strumenti per farlo bene. La formazione incoraggia, rinnova, contribuisce alla vivacità della comunità. Dobbiamo lavorare per una cultura del volontariato ecclesiale in cui la formazione abbia naturalmente un posto fisso”. Da qui l’auspicio che nel calendario delle attività parrocchiali “almeno un giorno all’anno sia dedicato alla formazione”. Per venire incontro alle necessità delle parrocchie, “gli uffici della Curia e gli istituti di formazione diocesani hanno creato una nuova offerta per sostenere il lavoro nelle parrocchie”.

 

Una sempre più diffusa indifferenza religiosa

Nel suo intervento mons. Muser non ha evitato di toccare temi critici, come ad esempio la sempre più diffusa indifferenza religiosa. La diminuita partecipazione alla messa, la mancanza di vocazioni sacerdotali e religiose, la crescente difficoltà nel coinvolgere i volontari e la domenica che perde il suo volto cristiano sono i segni di questa crisi. “Spesso sento dire che si tratta di un allontanamento dalla Chiesa come istituzione – ha commentato mons. Muser – personalmente credo che al centro ci sia la questione di Dio e di Cristo e quindi ci troviamo di fronte ad una crisi della fede. O, detto in altri termini, i bisogni religiosi e l’atteggiamento religioso non sono ancora fede cristiana”. La crisi si ripercuote sulle giovani generazioni: “i giovani portano con sé l’indifferenza religiosa dentro l’età adulta e la trasmettono ai loro figli”. “Nella religione si fa largo una grande mancanza di parole – sottolinea il vescovo –. I figli non possiedono neppure la capacità di connettersi alla comunicazione religiosa, e quindi anche alla fede cristiana. Ci troviamo in una trasformazione profonda, sul piano sociale ed ecclesiale. Si tratta di mutamenti che non possiamo né fermare, né impedire. È necessario chiederci come li vogliamo gestire”. Una possibile via per mantenere aperto il “dialogo” sono “le offerte sociali, perché il lato sociale di religione e Chiesa viene ancora e sempre apprezzato anche dagli indifferenti alla religione e dai critici verso la Chiesa”.

 

“Andare incontro alle persone di altre religioni,

senza rinunciare alle nostre radici”

La società altoatesina sta diventando sempre più multiculturale. “Come religione maggioritaria siamo chiamati in modo particolare ad andare incontro alle persone di altre religioni e culture, aiutandoli ad avere maggiore visibilità – ha detto mons. Muser –. Abbiamo bisogno di nuove forme di collaborazione e cooperazione con le comunità religiose nella nostra provincia, per segnalare alla società che le persone di tutte le culture e religioni sono benvenute in Alto Adige e meritano riconoscimento e rispetto. Questo non significa, però, rinunciare alle proprie radici, alla propria identità cristiana e cattolica, bensì impegnarsi in Alto Adige per un clima religioso fatto di sensibilità e amicizia”.

 

“Oasi di spiritualità missionaria” a Oies

In occasione del mese missionario straordinario, voluto da Papa Francesco per celebrare i 100 anni della lettera apostolica “Maximum Illud” di Benedetto XV, considerata la magna charta dell’attività missionaria in epoca contemporanea, l’ufficio missionario diocesano ha elaborato – in sinodalità con gli altri “volti” della pastorale diocesana - un progetto per la valorizzazione di Oies come “Oasi di spiritualità missionaria”. “Si tratta di un’iniziativa che si inserisce a pieno titolo nel tema dell’anno pastorale appena concluso e che rientra anche nei temi al centro di questo nuovo anno pastorale – ha spiegato mons. Muser –. Il progetto prenderà ufficialmente il via il prossimo 26 ottobre con un pellegrinaggio diocesano a Millan e Oies”. Il volto missionario della Chiesa altoatesina si rispecchierà, nel corso del prossimo anno, anche nei volti di “12 giovani seminaristi provenienti da Ghana, Angola, Tanzania e India – ha annunciato il vescovo – che nella nostra diocesi potranno studiare e prepararsi a divenire sacerdoti nelle loro terre d’origine. Un aiuto che si fa annuncio concreto, ‘missio ad gentes’, anche qui, oggi”.

 

Fotogallery del Convegno pastorale 2019