Fallimento delle strutture comunicative e decisionali, diffusione delle responsabilità, fallimento sistemico totale: questo è quanto riporta il resoconto esterno dell'avvocato Dr. Wastl, da me commissionato a metà settembre. Ora potrei chiedermi come noi, come Diocesi, ci presentiamo alla luce di questi risultati e come potremmo salvare la nostra reputazione. Ma questa sarebbe la domanda sbagliata.
L'unica vera domanda è: come possiamo rendere giustizia alle vittime di abuso? Sono loro - le vittime - e il loro diritto alla protezione e al sostegno la ragione per cui nella nostra diocesi abbiamo intrapreso questo percorso di elaborazione. Confidiamo che la guarigione sia possibile, ed è un'espressione della nostra fede cristiana il fatto che noi, come Chiesa, siamo particolarmente legati ai feriti e ai vulnerabili.
In questo percorso abbiamo commesso errori. Abbiamo preso una svolta sbagliata, e questo ha causato ulteriori sofferenze. Proprio coloro per i quali avevamo iniziato sono stati ascoltati troppo poco. Questo ci addolora. Ma non ci fermiamo. Anche se il resoconto ci confronta con dure verità – non ci lasciamo paralizzare: vogliamo proseguire il cammino. Vogliamo imparare dagli errori commessi lungo la strada. Solo se sarà un percorso condiviso, dove tutti ammettono i propri errori e ciascuno assume le proprie responsabilità, potremo fare progressi verso l'obiettivo che ci unisce e che tutti desideriamo: elaborazione e prevenzione – a fianco delle vittime. È mia speranza e mia convinzione: insieme, possiamo farcela.
L'unico modo per rimanere sulla scia di Cristo è volgerci costantemente verso le persone che hanno subito ingiustizie. Per noi interrompere questo processo non è mai stata un'opzione. Crediamo nell'amore di Dio per l'umanità e questa fede ci spinge a fare tutto il possibile affinché l'abuso non trovi spazio in mezzo a noi. Dobbiamo superare i conflitti interni e le responsabilità poco chiare. Solo insieme – onesti e disposti a imparare – potremo progredire. Ne sono convinto: insieme, possiamo farcela.
La nuova perizia individua con chiarezza le cause dei nostri errori: ruoli non definiti, competenze duplicate, accumulo di incarichi – e una documentazione insufficiente delle decisioni. Ne traiamo le seguenti conseguenze:
Primo: il coinvolgimento delle vittime sarà regolato in modo permanente e affidabile. Fino ad allora, esse saranno ascoltate direttamente in ogni singolo caso.
Secondo: l’intero ambito dell’elaborazione e della prevenzione sarà riorganizzato. Il Vicario Generale, su mia disposizione, definirà strutture e responsabilità chiare.
Terzo: d'ora in poi tutte le decisioni saranno documentate in modo completo – per dovere di responsabilità e per garantire la tracciabilità.
Le nostre priorità sono chiare: una partecipazione sistematica delle vittime e uno sportello di intervento indipendente, a garanzia di trasparenza e fiducia.
Ancora una volta, in tutta chiarezza: sappiamo di aver commesso errori. E li ammettiamo. Non c'è stata alcuna cattiva intenzione, come del resto ci conferma anche il rapporto del Dott. Wastl. Ciononostante, gli errori sono avvenuti. Ora si tratta di assumersi le proprie responsabilità, modificare le strutture e trarre concrete conseguenze. Il nostro obiettivo rimane: rendere giustizia alle vittime e garantire protezione per tutti.
Questo lavoro non riguarda solo un ambito dell'operato ecclesiale. La riflessione sull'abuso rivela le stesse fragilità che riscontriamo anche nei dibattiti sulla sinodalità – qui da noi, in Italia e in tutto il mondo. Se vogliamo rimanere credibili, dobbiamo cambiare quei comportamenti che favoriscono l'abuso di potere e impediscono la partecipazione. Sinodalità e prevenzione vanno di pari passo.
Entrambe vivono dell'ascolto, del decidere insieme e del dovere di rendere conto in modo trasparente. Affinché questo approccio possa crescere, servono strutture e, ancor più, atteggiamenti che siano precisamente orientati in questa direzione. Per questo abbiamo avviato la riforma della curia vescovile. Sarebbe un'illusione credere che i problemi riguardino solo l'ambito dell'elaborazione del passato. Dobbiamo impegnarci collettivamente per definire competenze chiare, per una comunicazione trasparente e per una nuova cultura della responsabilità.
Solo così possiamo rimanere fedeli alla nostra missione ed essere presenti per le persone – specialmente per i feriti e i vulnerabili. Questo è il nostro dovere verso le vittime. E questo è il nostro dovere verso Cristo e il suo Vangelo.
Alla fine, rimane una frase che ripeto con piena consapevo-lezza – non come uno slogan, ma come espressione della nostra fede e della nostra determinazione: Insieme, possiamo farcela.
Non con le nostre sole forze, ma confidando che lo Spirito di Dio ci guidi – passo dopo passo, su un cammino di verità, giustizia, responsabilità e guarigione.
Ringrazio i relatori del convegno di oggi. Auguro a tutti noi il coraggio, la forza e la determinazione per proseguire la strada che abbiamo intrapreso nella nostra diocesi. Non siamo stati e non siamo tuttora privi di errori, ma siamo convinti di voler e poter continuare il percorso avviato. Ciascuno e ciascuna di noi, nel proprio ruolo e con la propria responsabilità. C'è bisogno di tante persone. C'è bisogno di tutti noi – di noi insieme.
