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Relazioni & interventi

Relazione programmatica al Convegno pastorale 2022

Vescovo Ivo Muser

Bressanone, 17 settembre 2022

Auf dein Wort hin… nahe und gemeinsam 

Sulla Tua Parola… vicini e assieme 

Convegno Pastorale all’Accademia Cusanus, 17 settembre 2022

 

Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: “Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ma il Signore le rispose: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta.”
(Lc 10, 38-42)

 

Gesù con Marta e Maria: questa storia ci ha accompagnato per tutto il convegno pastorale. La Conferenza Episcopale Italiana lo ha scelto come filo conduttore del prossimo anno del Cammino sinodale delle Chiese italiane. Allo stesso tempo, questo testo esprime bene il tema diocesano dell'anno: "Sulla Tua Parola... vicini e assieme". 

Al centro del testo c'è l'affermazione di Gesù: "Di una cosa sola c'è bisogno". Egli intende con ciò l'atteggiamento di ascolto che Maria ha adottato. L'ascolto di Gesù è la fonte da cui scaturisce tutto il resto. Gesù non sminuisce Marta e il suo servizio, ma sottolinea una priorità. È la priorità dell'ascolto, dell'accoglienza, dell'apertura all'altro. La diaconia, il servizio al prossimo, all'ospite, è sempre stata vista come un momento privilegiato di incontro con Dio. Marta lo ha appena perso di vista e Gesù glielo ricorda: non si tratta di espletare dei gesti esteriori, ma di vivere l'incontro che cambia e arricchisce.

L'incontro con Dio e con le persone: questa è l'unica cosa di cui c’è bisogno.

Questo è anche il senso del nostro tema annuale: l'incontro con il prossimo è indispensabile. È l'unica cosa necessaria - e senza l'incontro con l'altro le nostre azioni sono vuote e prive di significato, soprattutto nella pastorale. Perché? Perché l'altro è diverso. Perché non mi lascia nella mia zona di comfort. Perché costringe me stesso a diventare "diverso", a cambiare. "Vicini e assieme": queste due qualità fondamentali della nostra pastorale non rendono il nostro lavoro più facile o più efficiente. Spesso è vero il contrario. Se paragonata agli ospiti da intrattenere, Maria non è molto efficiente e produttiva stando lì, cercando la vicinanza di Gesù, rimanendo in sua compagnia.

Lo stesso vale per la cura pastorale. "Vicini e assieme" non facilita il nostro lavoro, anzi. Chi vuole avvicinarsi ad altre persone, deve prendersi più tempo e si ritrova sul tavolo nuovi problemi e complicazioni. Fare le cose insieme spesso comporta un notevole sforzo in più e non è detto che alla fine i progetti riescano meglio. Dal punto di vista dell'efficienza, forse dovremmo scegliere un motto diverso.

L'incontro con l'altro, la vicinanza, l'andare avanti insieme: queste cose non ci fanno guadagnare efficienza o incisività, ma ci fanno entrare in contatto con Dio. L'incontro con gli altri è il luogo centrale in cui avviene l'incontro con Dio, che non è tuttavia un programma di benessere, non è un'oasi di tranquillità, bensì una chiamata alla conversione: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo" (Mc 1,15). Dio agisce con un obiettivo chiaro: vuole che il doppio comandamento dell'amore plasmi e cambi la nostra vita. Il nostro servizio come Chiesa è orientato a questo unico obiettivo: siamo "il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (LG 1).

Quando siamo vicini gli uni agli altri, quando andiamo avanti insieme: allora possiamo incontrare il Dio dell'amore, mettere Lui - l'UNICO di cui c’è bisogno - al primo posto, lasciarci cambiare da Lui. In questo contesto, oggi vorrei affrontare una piccola selezione di temi attuali della cura pastorale.
 

Eucaristia e Parola di Dio

Tra una settimana si terrà a Matera il Congresso Eucaristico Nazionale, al quale parteciperà una piccola delegazione della nostra diocesi. Il Congresso rappresenta il ruolo centrale dello spezzare il pane nella Chiesa di Cristo. 

Senza lo spezzare del pane, senza l'Eucaristia, non c’è Chiesa! È un’affermazione impegnativa in un momento in cui in molte parrocchie di domenica l'Eucaristia non può essere celebrata a causa della mancanza di sacerdoti. Questa situazione diventerà ancora più drammatica nel prossimo futuro e ci induce nella tentazione di non vedere più l'importanza ineguagliabile della celebrazione eucaristica e, allo stesso tempo, di vedere la celebrazione della Parola come una sorta di ripiego per l'Eucaristia.

Guardando a Marta e Maria, possiamo dire: l'"unica cosa di cui c’è bisogno" in ciò che facciamo è incontrare Cristo e ascoltarlo. Gesù non critica Marta perché vuole essere una buona padrona di casa, ma le ricorda la cosa fondamentale che ha scelto Maria. Non si devono contrappore i due atteggiamenti, non ci deve essere un "o l'una o l'altra". C'è una chiara priorità, quella di ascoltare Gesù, eppure entrambe le cose sono importanti: ascoltare e servire. Non possono nemmeno fare a meno l’una dell’altra. Perché che tipo di ascolto sarebbe se non portasse al servizio?

Possiamo trasferire questo pensiero al rapporto tra l'Eucaristia e la celebrazione della Parola: la celebrazione dell'Eucaristia è fondamentale e viene prima. È il "centro, la fonte e il culmine" della preghiera e della celebrazione cristiana. Per favore, lasciatecelo dire - in tutta chiarezza! Per favore, diciamo anche in questo "contesto eucaristico" che abbiamo bisogno e vogliamo sacerdoti - senza se e senza ma! Il "Sine dominico non possumus" dei martiri di Abitene, in Nord Africa, vale anche oggi: il giorno del Signore, la mensa del Signore e la comunità del Signore sono strettamente uniti sin dai tempi degli apostoli.

Al contempo, la celebrazione della Parola è un valore e una benedizione per la comunità. Celebrazione eucaristica e celebrazione della Parola: abbiamo bisogno di entrambe ed entrambe sono in relazione tra loro! Nei miei incontri con i vescovi dei cosiddetti Paesi di missione, mi rendo spesso conto che potremmo imparare molto da queste giovani Chiese.

È proprio dal centro eucaristico della Chiesa che il confronto con la Parola di Dio deve essere importante per noi. Poiché Cristo è presente nel sacramento, poiché il Verbo si è fatto carne e vuole farsi carne (cfr. Gv 1,14), vogliamo ascoltare la sua Parola, imparare a conoscerlo e ad amarlo. È necessario un impegno vivo con la Parola di Dio, una pastorale che metta al centro la presenza di Gesù e l'ascolto della sua Parola. Penso anche alla dedizione profusa in questo senso dal vescovo Egger e all’eredità che ci ha consegnato.

Nello scorso anno, in alcune parrocchie, piccole comunità e gruppi si sono messi in cammino per condividere la Bibbia. È un modo semplice e facile per entrare in contatto con la Parola di Dio. Non c'è bisogno di una grande formazione teologica o di un insegnante; c'è solo bisogno di disponibilità e di pratica, ed è un modo per avvicinarsi nella fede ed essere in cammino insieme.

Una visione che ci è stata data dal Sinodo diocesano è quella di piccole comunità cristiane che condividono la Bibbia e la vita, producendo un effetto benefico sulle persone vicine. In ogni parrocchia sono vive le scintille di coloro che alimentano il fuoco della fede riunendosi intorno alla Parola di Dio e facendo un cammino insieme! Questi gruppi di persone ancorate alla Bibbia fanno entrare aria nuova in tutta la comunità, ci insegnano a vivere e celebrare la Parola di Dio in modo nuovo: semplicemente, personalmente, vicini e assieme. E quando poi celebriamo l'Eucaristia come "centro, fonte e culmine" ricordiamoci che non stiamo celebrando la presenza di un misterioso sconosciuto, ma Cristo stesso, che abbiamo conosciuto e amato nelle Scritture. Restano valide le parole di San Girolamo: "L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo".
 

Curare le ferite dell’umanità e del creato

Da questo amore per Cristo, che conosciamo nella Sacra Scrittura e a cui siamo conformati nell'Eucaristia, scaturisce il servizio al prossimo e la cura per la casa comune del creato. 

Ritorniamo alla scena di Marta e Maria. La nostra attenzione va soprattutto a Marta. Dopo il Vangelo di Luca, incontriamo nuovamente le due donne nel Vangelo di Giovanni, nei racconti della risurrezione di Lazzaro e dell'unzione di Gesù. Anche in questo caso, Marta è ritratta come la padrona di casa che si prende cura dell'ospite. Ma in realtà è molto di più: una donna coraggiosa che prende in mano la situazione, va incontro a Gesù e guida lo sviluppo degli eventi. Ma soprattutto la sua professione di fede - pari a quella di Pietro - dà l'interpretazione a tutta la storia: "Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo". (Gv 11,27) Vista così, Marta è il grande modello di un servizio e di un'ospitalità che ha le sue radici nel riconoscimento di Cristo e da qui trae forza.

Marta e Maria, servire e ascoltare: entrambe sono inseparabili. Il tema dell'anno, "vicini e assieme", vuole incoraggiarci a riprendere intensamente e consape-volmente il servizio al prossimo. Si tratta di anziani e malati, di persone sole e afflitte, di poveri ed emarginati, di persone in fuga e in ogni forma di difficoltà materiale e spirituale. Ad ognuno di loro va donata vicinanza. Questo non deve dipendere solo dalla buona volontà dei singoli, per quanto lodevole, ma necessita di un servizio consapevole e ponderato da parte dell'intera comunità.

L'attività caritativa di una parrocchia non deve essere limitata a pochi. C’è bisogno di una pastorale della carità che abbia come obiettivo l'intera comunità. Si tratta di sensibilizzare tutti ai bisogni degli altri, e non solo! Si tratta di mostrare e testimoniare come nella vicinanza reciproca possiamo incontrare Cristo e conoscerlo.

Poniamoci questo grande obiettivo e facciamolo a piccoli passi: per esempio, facendo in modo che nessuna riunione del consiglio pastorale parrocchiale o della presidenza di un’associazione o di una comunità monastica si concluda senza che venga sollevato il tema dell'amore concreto al prossimo o che venga portata una testimonianza di carità vissuta. Come la preghiera e la Scrittura, la testimonianza della carità dovrebbe essere una componente fondamentale di ogni riunione di cristiani.

In tutto questo, lasciamoci guidare dalla grande speranza che ci è data in Cristo: in lui tutta la creazione sarà portata alla perfezione. La speranza cristiana punta all’orizzonte ultimo, così come molte delle sfide del nostro tempo. Senza entrare nei dettagli, bastano le parole chiave “cambiamento climatico”, “guerra”, “fame”. Diventa fin troppo chiaro che tutto è interconnesso e che ognuno di noi deve assumersi la propria parte di responsabilità.

Non lasciamoci scoraggiare dalle dimensioni delle sfide! Facciamo i passi che oggi sono possibili. Un impianto fotovoltaico sul tetto della canonica? Un nuovo sistema di riscaldamento sostenibile per la casa parrocchiale? Regolare lo spazio interno della chiesa a una temperatura massima di 15° gradi? Ridurre l'illuminazione delle facciate e dei campanili o addirittura farne a meno? A noi può sembrare una goccia nell'oceano. Ma una sola cosa ci è richiesta: che siamo instancabili testimoni di speranza in decisioni concrete e in azioni consapevoli. Conosciamo tutti la bella preghiera: "Signore, dammi la forza di cambiare le cose che posso cambiare; la serenità di accettare le cose che non posso cambiare; e la saggezza di discernere le une dalle altre".
 

Edificare insieme la parrocchia

A questo punto vorrei fare un’osservazione provocatoria. Abbiamo un bel tema per l'anno pastorale, che suona bene e ispira. Abbiamo due punti focali, la Parola di Dio e l’amore concreto al prossimo. Ma non sappiamo come andare avanti nelle parrocchie. Riusciamo a malapena a gestire la vita di tutti i giorni: dove dovremmo trovare ancora spazio per nuovi temi?

Gli impulsi provenienti dalla Chiesa universale o dalla diocesi, persino le buone idee che nascono nelle parrocchie stesse, rimangono lettera morta, semplice-mente perché siamo già pienamente impegnati a dare forma alla vita quotidiana. La struttura della pastorale - come l’abbiamo conosciuta finora - si sta dissolvendo. Allo stesso tempo, non possiamo negare che la mancanza di fedeli è ancora più grave della mancanza di sacerdoti! La chiesa popolare, l'ancoraggio della chiesa nel popolo, sta vivendo uno sconvolgimento, sta scomparendo, richiamandoci alla mente il drammatico ritiro dei ghiacciai, diventato particolarmente evidente quest'estate.

La secolarizzazione, l'individualizzazione e la privatiz-zazione nel rapporto con la fede e la Chiesa sono diventate una sfida importante.

Meno IO e più NOI - ci farebbe bene. La fede cristiana è personale, ma mai privata! Per sua natura, è legata alla comunità. Cosa faccio affinché la comunità dei credenti possa rimanere viva?

A questo proposito vorrei offrire due suggerimenti. Maria e Marta ci forniscono anche qui l'immagine appropriata. In un tempo di cambiamenti come il nostro, possiamo, anzi dobbiamo prendere esempio da queste due donne.

Maria simboleggia la capacità di non perdersi nella diversità dei compiti e di mantenere lo sguardo lucido su ciò che è necessario: Cristo e la sua Parola. Questo è l’unico senso del nostro tema annuale. "Vicini e assieme" non significa fare qualcosa di speciale, ma farlo con una qualità particolare. Si tratta di dedicare un'attenzione a Dio e agli altri che precede le nostre azioni e le deve accompagnare. I punti focali del tema annuale, la Bibbia e l'amore per il prossimo, illustrano il necessario centro del nostro agire.

Soprattutto quando tutto sembra troppo e troppo confuso, è importante trovare momenti di raccoglimento con Dio e con le persone. Condividere la Bibbia insieme e cercare Dio; il tempo che doniamo alle persone e il nostro esserci gli uni per gli altri non sono un lusso, ma la sola cosa di cui c’è bisogno e che dovremmo cercare e scegliere per prima. Tutto il resto acquisterà forza e gioia a partire da questo.

Marta rappresenta la casa ben ordinata, dove il quotidiano ha una sua regola e l'ospite è il benvenuto. Così dovrebbe essere la nostra parrocchia: ben attrezzata per la vita quotidiana e aperta al nuovo, alle persone che vogliono essere nostre ospiti. Ricordiamo che Gesù non rimprovera Marta per l'organizzazione della casa, anzi. La aiuta però a non perdere di vista la fonte del suo agire, a non perdere l'orientamento nei numerosi compiti.

Oggi è importante prendersi cura delle nostre parrocchie come di una casa ben ordinata, in particolare per quanto riguarda la loro guida. Il cambiamento strutturale è diventato evidente e deve essere affrontato con molta più determinazione di prima. Gli orientamenti sui team pastorali e sulla collaborazione nella guida delle comunità parrocchiali offrono una strada percorribile. Alcuni dettagli possono essere discussi, le procedure criticate e in alcune questioni diventeremo più saggi grazie all'esperienza. Ma non c'è modo di evitarlo: le nostre parrocchie avranno un futuro solo se c'è una comunità di persone - anche piccola - che se ne assume la responsabilità.

Quando penso ai Team pastorali che già esistono o che si stanno costituendo in molte parrocchie, mi viene in mente soprattutto il termine "assieme". Una parrocchia è viva quando al suo centro c’è un agire comune, una strada condivisa. Non il programma, né i compiti, ma le persone sono il fulcro di una sana cura pastorale.

Il primo compito del consiglio pastorale parrocchiale e del Team pastorale è quello di conoscere le persone e di permettere al maggior numero possibile di fedeli di sperimentare il comune servizio alla parrocchia. San Paolo lo ha raccomandato con forza ai cristiani di Corinto: a ciascuno di noi sono stati dati dei talenti con i quali possiamo costruire la comunità e dare forma alla Chiesa. Nessuno è semplicemente un consumatore, perché ognuno ha un contributo da dare alla Chiesa. Pertanto, il compito più importante e urgente nel governo della parrocchia non è il programma, ma la persona, che aiutiamo affinché i suoi doni e talenti possano sbocciare per il bene della comunità.

La cura per approfondire la spiritualità e lo sforzo per una buona organizzazione non si contraddicono, ma sono reciprocamente dipendenti, proprio come le parole chiave "vicini" e "assieme" si completano e condizionano a vicenda. La profondità spirituale e l'organizzazione sono i cardini che ci aiutano a superare la sensazione di sopraffazione che oggi spesso ci paralizza. Vorrei quindi che il tema annuale "vicini e assieme" non fosse un compito aggiuntivo, ma un invito urgente a lavorare sulle fondamenta, senza le quali tutto il resto non può avere buon fine.

 

Cammini sinodali 

È proprio questo fondamento che è in gioco anche nei percorsi sinodali a cui stiamo partecipando: nell'anno pastorale appena trascorso, abbiamo preso parte al cammino mondiale del Sinodo dei Vescovi con diverse iniziative. Contemporaneamente al Sinodo mondiale, è iniziato anche il cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia, che durerà cinque anni. Anche noi nella nostra Chiesa locale siamo invitati a unirci a questo percorso ecclesiale. Sulla base di quanto restituito dalle diocesi nel primo anno, sono stati definiti tre ambiti tematici con le relative domande ("cantieri"), per i quali è nuovamente necessario un ascolto più attento. Non è questa la sede per entrare nei dettagli, ma vorrei almeno sottolineare due punti che mi sembrano importanti.

In primo luogo, il documento nazionale pubblicato dalla Conferenza episcopale in agosto lamenta la difficoltà incontrata finora nell’allargare il nostro orizzonte e essere capaci di guardare veramente oltre. Quest'anno siamo invitati a fare un passo ulteriore e a metterci in ascolto di coloro che sono ai margini o fuori dalle nostre comunità ecclesiali.

Ancora di più: nella sua sintesi, la Conferenza episcopale invita a non ragionare più secondo il criterio del "dentro" e del "fuori" e ad avvicinarsi a tutte le persone con un atteggiamento di ascolto e di apertura, radicato nella certezza della presenza di Dio nel prossimo. Nell'ascolto incontriamo Cristo. Per questo la Conferenza episcopale ci invita a formare in ogni parrocchia dei piccoli gruppi di ascolto, per praticare uno stile di aggregazione che allarghi gli orizzonti e superi la strettezza dei nostri confini. Questo mi sembra un punto essenziale in cui oggi possiamo crescere concretamente come Chiesa. Come vogliamo portare il Vangelo alle persone se non le ascoltiamo?

Secondo: la Conferenza episcopale ha definito tre cantieri per il prossimo anno. Un quarto cantiere deve essere individuato da ogni diocesi in base alla sua situazione specifica e alla sua storia. Nella nostra diocesi, questo quarto cantiere sarà incentrato sulla coesistenza di lingue e culture. La convivenza dei gruppi linguistici tedesco, italiano e ladino, ma anche l’interazione con le diverse lingue e culture che incontriamo nel corso delle migrazioni nel nostro Paese saranno i temi portanti di questo cantiere di comunione, che vuol essere, in senso positivo, un cantiere permanente.

La convivenza non è un progetto destinato un qualche giorno a concludersi, ma una costruzione che cresce e si perfeziona ogni giorno. Quest'anno l’Alto Adige festeggia i "50 anni del secondo statuto di autonomia".

In questo contesto ricordiamo con consapevolezza e gratitudine anche il vescovo Joseph Gargitter, che all'epoca si impegnò con determinazione per la coesistenza dei gruppi linguistici e per una nuova cultura di riconciliazione, dialogo e negoziazione. Come Chiesa locale negli ultimi decenni abbiamo compiuto passi importanti, anche nella nostra società altoatesina.

Il cammino sinodale delle Chiese in Italia deve diventare un'occasione per la nostra Chiesa locale, per le parrocchie e le comunità della nostra diocesi, di prestare attenzione alla convivenza dei gruppi linguistici nella Chiesa – nelle condizioni attuali, che non sono più quelle del 1964, quando fu creata la nostra Diocesi di Bolzano - Bressanone. È mia ferma convinzione: il cantiere della convivenza, che rimarrà sempre attuale, non è solo una sfida speciale per la nostra diocesi, ma anche la nostra ricchezza e la nostra vocazione!
 

Cercare il bene

Torno un'ultima volta a Marta e Maria. Spesso leggiamo questo testo in modo eccessivamente moraleggiante. Costruiamo un'opposizione tra spiritualità e servizio attivo che non ci aiuta. Sant'Anselmo di Canterbury ne dà un'interessante interpretazione. "Di una cosa sola c'è bisogno": Anselmo riferisce questa affermazione a Dio stesso. Il Dio uno e trino è l'unico bene supremo.

Solo lui esiste necessariamente, mentre tutto il resto può anche non essere. Lui solo è il massimo e unico bene, tutto il resto è buono solo attraverso di Lui. Mentre tutto nel mondo nasce e passa, Lui è l'unico che rimane: amore traboccante e beatitudine eterna. "Di una cosa sola c'è bisogno": questa affermazione di Gesù prende una piega completamente diversa a partire da qui. L'unica cosa di cui c’è bisogno è l'amore e la gioia in cui Dio stesso si rivela.  

Il nucleo della storia di Marta e Maria - come vediamo - non è la morale, ma il Vangelo, la buona novella che promuove la vita! Le parole di Gesù a Marta non sono un ammonimento morale, ma un invito a rimanere nella gioia, a rivolgere lo sguardo al bene. Quanto spesso è difficile per noi comprenderlo nella pastorale. Quanto facilmente nelle nostre riunioni ci lasciamo andare a lamentele e a rammarichi per tutte le cose che non sono più come una volta. L'elenco sarebbe lungo e spesso anche veritiero! Tuttavia la lamentela e il disappunto in realtà non ci aiutano.

Anselmo di Canterbury direbbe, secondo la buona tradizione platonica: chi non fa che lamentarsi e rammaricarsi si sofferma solo sulle banalità.

Perché Dio è l'unico bene indispensabile. Il male esiste solo come mancanza, come assenza di bene. Chi si occupa di ciò che è sbagliato si sofferma su cose insignificanti. E in effetti: mi accorgo sempre di più di quanto siano astratte, teoriche e generalizzanti le nostre lamentele. Ecco perché non aiutano. L'unica via che porta al bene è quella di occuparsi del bene concreto. C’è bisogno dello sguardo e dell'opera del bene: è proprio questo il consiglio di Gesù a Marta: non guardare la mancanza, ma il bene che Maria ha già scelto. Lei ha fatto la cosa giusta, quindi gioisci anche tu di quello che già hai!

Prego spesso affinché ritroviamo la gioia della fede in Cristo e nella nostra Chiesa, e l’entusiasmo per comunicarla, confidando in Lui, il Crocifisso Risorto. Questa gioia può dare ai giovani il coraggio di abbracciare una vocazione religiosa. Questa gioia può motivare donne e uomini, giovani e meno giovani, a impegnarsi nella pastorale e nella Chiesa - alle condizioni di oggi!

Madre Teresa aveva semplicemente ragione quando diceva: "La gioia della fede non deve essere solo scritta nei nostri libri di preghiera; deve riempire il cuore e il volto di un cristiano".

Potete già capire dove voglio arrivare parlando della cura pastorale: stiamo attenti a non fare un passo falso, come Marta, nel menzionare solo e unicamente le mancanze e lamentarcene. È ovvio trovare ovunque errori e debolezze, e ancor più il potere distruttivo del peccato. Anche nella Chiesa, fin dall'inizio, anche oggi, in noi stessi e tra i nostri stessi ranghi. Ma la via di Dio per arrivare a noi è bontà, amore, gioia, perdono. Dio è già presente ovunque accada il bene, per quanto impercettibile. Dio è presente nell'amore che le persone si scambiano tra loro, è sperimentabile nella gioia della fede. Questa è la via di Dio per arrivare a noi, perché lui stesso è l'unico bene necessario, l'amore traboccante e la gioia eterna. Certamente non è proibito e spesso è persino importante nominare le difficoltà, i pesi e gli insuccessi. Forse il rapporto di cinque a uno sarebbe una buona combinazione: una lamentela deve essere bilanciata da cinque testimonianze concrete di amore e di gioia.

Gli imprenditori di successo utilizzano questa strategia in piena consapevolezza: guardare con perseveranza ai punti di forza e investire in ciò che funziona. Per noi come chiesa si tratta di molto di più: guardare al bene, non per una strategia commerciale, ma per convinzione di fede!

Nella cura pastorale la situazione non è delle più facili, con tutti i cambiamenti e le trasformazioni da affrontare, con tutte le domande a cui non abbiamo risposte immediate. Il clima nella Chiesa è burrascoso. Eppure avere fede significa riconoscere che abbiamo Cristo stesso nella barca della nostra chiesa e del nostro tempo - e LUI non la abbandona! È sempre con noi e ci invita a essere vicini gli uni agli altri, a mostrare apprezzamento reciprocamente, ad andare avanti insieme. In vista del bene concreto che già c'è. In vista del prossimo passo buono e possibile che siamo chiamati a fare insieme.

 

Ringraziamenti

Caro Vicario generale Eugen, cari confratelli nel ministero sacerdotale e diaconale, care religiose, cari religiosi, care collaboratrici e cari collaboratori nei vari ambiti della pastorale, vi chiedo di continuare il cammino insieme – sulla Sua Parola e anche uniti tra noi attraverso un dialogo onesto, aperto e costruttivo.

Ringrazio di cuore il Vicario generale emerito Josef Matzneller, che abbiamo accompagnato con la preghiera nella sua salita al cielo il 1° agosto scorso. La nostra diocesi gli deve molto!

Un ringraziamento speciale va a tutti coloro che all’inizio di questo nuovo anno pastorale hanno terminato e rimesso un incarico o un ministero. È proprio quando cambia il personale che sperimentiamo un bisogno e una vulnerabilità sempre maggiori nella nostra diocesi.

Vorrei esprimere un sincero e sentito ringraziamento al Vicario generale Eugen Runggaldier, che è al mio fianco come un vero e proprio "alter ego", concreto, equilibrato e fattivo. Un sincero ringraziamento anche ai suoi assistenti Mario Gretter e Markus Moling.

A tutti coloro che hanno assunto nuovi compiti nelle nostre parrocchie e unità pastorali, nella Caritas, in curia, in Seminario e nei vari ambiti della pastorale, auguro di poterci sostenere, aiutare, incoraggiare e assistere a vicenda.

Il mio ringraziamento va anche al responsabile dell'ufficio pastorale, Reinhard Demetz, che si è assunto l’onere principale di questo Convegno pastorale - nella prepa-razione e nella realizzazione. Sta inoltre contribuendo con grande impegno al cammino sinodale delle Chiese italiane, in cui siamo coinvolti come diocesi.

C’è bisogno di tutti noi - e di noi insieme! All'inizio del XX secolo, Romano Guardini pronunciò una frase che può incoraggiare anche noi nella nostra situazione: "Ci sono stati forse tempi migliori del nostro. Ma questo è il nostro. E in questo tempo c'è bisogno di noi come cristiani!".

Nei miei frequenti viaggi tra Bolzano e Bressanone, la vista di Sabiona mi infonde sempre coraggio: per tre volte nel corso della sua lunga storia la nostra diocesi ha cambiato nome. Questo fatto da solo dimostra quanto i nuovi inizi, le trasformazioni, i cambiamenti, la tradizione e l’innovazione, la continuità e la discontinuità segneranno sempre il cammino della Chiesa nella storia. Crediamo in un Dio che si è fatto "storia" in Gesù Cristo. Ed è per questo che la nostra storia umana non è semplicemente una sequenza anonima, cieca, banale e spesso persino contraddittoria e crudele di eventi, ma il luogo in cui gli esseri umani possono incontrare Dio. Oggi c’è bisogno di noi come cristiani. Oggi il Signore conta su di noi. Poiché Cristo è morto e risorto, anche il nostro tempo è un tempo di salvezza: in questa fede sono saldo, con gioia e speranza.

Giulan, de gra, un sentito e cordiale grazie, vergelt´s Gott!