C’è ancora il Purgatorio?
Ci troviamo davanti alle significative ricorrenze di Ognissanti e della Commemorazione dei Defunti. In questa occasione, voglio affrontare un tema di cui un tempo si parlava molto, ma che oggi sembra essere quasi scomparso: il Purgatorio.
Quattro sono i concetti e le immagini con cui cerchiamo di esprimere la fede cristiana nella risurrezione dei morti e nella vita eterna: Giudizio, Inferno, Purgatorio e Paradiso. Purgatorio vuol dire: in ogni persona che muore – anche in quelle a noi più care – percepiamo che non tutto è ancora detto, fatto, portato a compimento, espresso, perdonato e riconciliato; che c'è ancora bisogno di purificazione, riconciliazione, misericordia e perdono – "come attraverso il fuoco" (cfr. 1 Cor 3,15). In questo risiedono anche il senso e il valore della preghiera per i nostri defunti. Accompagniamo il loro processo di riconciliazione con la nostra preghiera, li soccorriamo con amore e gratitudine. Ed essi ci aspettano, ci esortano a prepararci, perché tutti noi diventeremo ciò che loro sono ora. I nostri defunti hanno già varcato la soglia che anche noi dovremo attraversare.
Con il termine Purgatorio si intende la grande speranza che, nel nostro bisogno di guarigione e riconciliazione, Dio - se glielo chiediamo - vuole guarirci, riconciliarci e portarci a compimento. Dio desidera solo che ogni persona raggiunga la meta per la quale è stata voluta e creata.
Nel cammino verso questa meta, possiamo aiutarci e sostenerci a vicenda - adesso e oltre la soglia della morte. Il Purgatorio è l'espressione di questa speranza pasquale per i nostri defunti - e per noi, nel prepararci alla nostra stessa morte.
La preghiera per i defunti e la preghiera per una buona morte non sono state abolite. Al contrario. Queste preghiere sono importanti, donano speranza e dirigono il nostro sguardo verso l'altra sponda della vita.
Ognissanti e Commemorazione dei Defunti nell’Anno Santo 2025.
In questo mondo siamo pellegrine e pellegrini di speranza. Non soli, non smarriti, non abbandonati a noi stessi, ma in comunità e nella fiducia che la morte non avrà mai l'ultima parola. «La nostra cittadinanza è nei cieli» (Fil 3,20), dice l'apostolo Paolo, indicando il fondamento di questa speranza: Cristo, il Crocifisso e Risorto. Chi spera in Lui vive in modo diverso. Più sereno, più realistico, più misericordioso e migliore. Sempre nel solco della vita.