Gentili partecipanti, relatrici e relatori di questo convegno!
Un caloroso saluto a tutti voi! Le dolorose esperienze di donne e uomini che all’interno della Chiesa hanno subito abusi sessuali e altre forme di violenza ci sfidano a un dibattito aperto e a un radicale ripensamento.
La conferenza di oggi, come quelle degli anni passati, vuole promuovere tra noi una cultura dell'attenzione e della responsabilità. In questo contesto, il significato e l'importanza della prevenzione mi sono particolarmente a cuore.
Poiché gli abusi possono accadere e accadono frequentemente e ovunque - dentro e fuori la Chiesa - è necessario un radicale cambiamento di mentalità, che sia anche profondamente umano e cristiano: da una cultura dell'ignorare a una cultura dell’attenzione; da una cultura del non interferire a una cultura della trasparenza, dell'apertura e della corresponsabilità.
Per troppo tempo anche da noi, di fronte a casi di abuso, la Chiesa ha preferito voltarsi dall'altra parte, trasferendo i responsabili in altra sede e ponendo i fatti sotto silenzio, soprattutto per non mettere a rischio la propria reputazione.
Oggi assistiamo all’interno della Chiesa ad un cambiamento di paradigma: alle persone colpite e la loro sofferenza diamo la massima priorità e ci impegniamo a rendere loro giustizia.
Le vittime di abusi e violenze che si rivolgono al nostro sportello diocesano vengono ascoltate e prese sul serio. Esse ricevono il sostegno necessario per ottenere giustizia, sia nell’ambito del diritto canonico che per quanto riguarda le norme e le leggi del diritto civile. Alle persone colpite viene offerto anche un aiuto terapeutico.
„Victims first“- "Prima le vittime" ha lo scopo di affinare il nostro sguardo e la nostra vigilanza, affinché non passiamo con indifferenza accanto alla persona ferita, come il sacerdote e il levita nella parabola del Buon Samaritano. Lo straniero, il forestiero, il samaritano, è toccato dalla sofferenza della vittima, caduta sotto i colpi dei ladroni e si prende cura di lui ancor prima di coinvolgere altri.
Ogni forma di abuso e violenza viola la dignità e la libertà delle persone. Le conseguenze psicologiche e fisiche gravano e influenzano la vita e il futuro delle persone colpite, compresa la dimensione spirituale ed esistenziale. Alcune delle vittime non hanno sostenuto tale peso e si sono addirittura tolte la vita.
Dio sceglie gli orfani, le vedove, i poveri, i rifugiati e gli emarginati: su questa stessa linea si muove il principio “victims first”, priorità a chi ha subito violenza e abuso. Sono loro gli “esperti”, perché hanno subito tale dolore in prima persona. Sono loro che possono darci un'idea delle circostanze che hanno portato all'abuso, delle strategie degli autori, delle procedure seguite dagli organi competenti nel denunciare o scoprire l'abuso e di come l'ambiente circostante ha reagito in quel momento. Le persone colpite ci mostrano i fardelli, le sofferenze e le conseguenze che spesso hanno dovuto affrontare in piena solitudine. Non di rado hanno costatato che altri ne erano a conoscenza e non agivano o non potevano agire in quanto loro stessi erano parte del sistema. Con tutto questo siamo chiamati a confrontarci.
Il nostro compito come Chiesa oggi è triplice: in primo luogo dobbiamo riconoscere che anche noi abbiamo sottovalutato, trascurato e coperto gli abusi su minori e adulti vulnerabili. In secondo luogo, dobbiamo rivolgere alle vittime quell'attenzione che per troppo tempo è venuta a mancare; ad esse inoltre è stato spesso negato qualsiasi supporto psicologico, medico e legale. Adesso devono ricevere giustizia. Il terzo compito infine consiste nell’affrontare gli errori del passato e assumersi la responsabilità delle loro conseguenze. Ciò significa che dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere, anche cercando un supporto professionale dall'esterno, affinché la chiesa sia uno spazio sicuro per i minori e per gli adulti vulnerabili. Per questo abbiamo bisogno di sviluppare programmi di protezione. Oggi avremo l’occasione di apprendere come.
Per questo è necessario anche un confronto onesto e responsabile con la realtà dell'abuso, della violenza sessualizzata e delle questioni associate, come la sessualità, il potere e l'autorità. Questo confronto in termini di contenuto e struttura dovrebbe essere caratterizzato da una visione del futuro in accordo con la Buona Novella, con i valori fondamentali del Vangelo e con la missione della Chiesa, e dovrebbe allo stesso tempo tener conto dei diritti umani e dei diritti dei bambini.
Per questo motivo, la scorsa estate ho incaricato l'Istituto di Antropologia dell’Università Gregoriana di Roma, l’ex Centro Protezione Minori, diretto da padre Hans Zollner SJ, di elaborare un programma per la nostra diocesi. Le linee base di questo progetto ci vengono presentate oggi. Ne discuteremo poi nelle commissioni diocesane e con i responsabili degli ordini religiosi. Ritengo importante intraprendere un percorso comune, da un lato come Chiesa in sé e dall'altro come Chiesa presente nella società.
Entrambe, Chiesa e società, hanno la responsabilità di tutelare il bene dei bambini e dei giovani. È qui che Chiesa, società e politica possono entrare in un nuovo dialogo, stimolato e promosso anche da eventi come questo. Proprio questo dialogo è secondo me in questo ambito di fondamentale importanza! Senza distogliere in alcun modo l'attenzione dalla responsabilità della Chiesa, non dobbiamo nascondere il fatto che la maggior parte delle violenze sessuali si verificano nelle nostre famiglie e nei contesti familiari, di parentela e di vicinato.
Esprimo la mia sincera gratitudine a tutti coloro che in passato e nel presente si sono dedicati e si dedicano a questo tema così doloroso e importante. Ringrazio la coordinatrice del Centro di ascolto diocesano, la dott.ssa Maria Sparber, l'incaricato diocesano per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili e per la prevenzione degli abusi sessuali e di altre forme di violenza, il nostro sacerdote diocesano Gottfried Ugolini.
Ringrazio tutti i membri del gruppo di lavoro per la loro disponibilità e per il loro contributo alla promozione di una cultura della vita che miri a proteggere i bambini, i giovani e le persone vulnerabili. I miei ringraziamenti vanno anche al Vicario Generale don Eugen Runggaldier, sotto la cui responsabilità istituzionale rientra questo problema. Ma non dimentichiamo che si tratta di una questione che riguarda tutti noi!
Spero che la conferenza di oggi fornisca impulsi utili che orientino in modo efficace il nostro impegno verso le vittime di abusi, per tutelare i minori e gli adulti vulnerabili oggi e domani. Gesù ha detto: "Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Gv 10,10). Ogni forma di abuso e di violenza perverte questa promessa. Pertanto, la nostra missione è e rimane quella di restituire dignità alle persone colpite e di garantire la giustizia.
La prospettiva "Victims first" non ha solo conseguenze immediate per la prevenzione e l'intervento. Ha anche conseguenze fondamentali per un cambiamento sistematico e sistemico, per una cultura della vita in cui siano tutelati il valore di ogni persona, il bene individuale insieme a quello comune.
„Victims first: Conseguenze per la prevenzione e l'intervento": questo è il tema che ci ha riuniti qui oggi. Questo tema e il compito ad esso legato non saranno oggi “risolti” per poi passare all'ordine del giorno. Si tratta di un "processo continuo", come dice Papa Francesco - proprio perché l'abuso, con tutte le sue devastanti conseguenze, è accaduto spesso e ovunque e continua ad accadere oggi. Parliamone, oggi e non solo oggi. Auguro a tutti una buona e proficua partecipazione al convegno.