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Relazioni & interventi

Convegno pastorale 2021

Vescovo Ivo Muser

Bressanone, Accademia Cusanus, 18 settembre 2021

 

1. Introduzione teologica al tema annuale

Circa sei mesi fa, in un ritiro del Consiglio di Curia, abbiamo fatto un esperimento mentale: come sarà la nostra Chiesa locale tra dieci anni? Quale potrebbe essere il suo sviluppo se oggi riconoscessimo i segni dei tempi e tentassimo coraggiosamente i passi giusti?  Cosa potremmo auspicare in modo realistico? Cosa possiamo sperare di fronte al crescente e profondo distacco dalla chiesa che si sta diffondendo nella nostra società? Che impatto avranno su di noi i cambiamenti provocati dalla pandemia? Quali dovranno essere i nostri atteggiamenti in tale situazione per poter rimanere fedeli alla nostra missione ecclesiale?

Dalle discussioni è emerso un quadro comune: stiamo prendendo congedo dalla chiesa della nostra infanzia. È un percorso doloroso, ma non siamo soli. Impariamo ad apprezzare la nostra chiesa nella sua nuova veste, la sperimentiamo come una comunità umile che testimonia la vicinanza di Dio alle persone. Come una comunità attenta ai bisogni, che serve ed è vicina al prossimo. Saremo una chiesa che ha messo da parte il dolore del passato e ha trovato conforto e speranza nelle promesse di Cristo. Saremo una chiesa che riscopre ogni giorno la gioia del regno di Dio, che si fa presente e reale in mezzo a noi, la cui vicinanza potrà essere sperimentata attraverso la condivisione e la comunitarietà tra le persone. Sono stati questi ed altri simili orientamenti di pensiero a far emergere e delineare il tema annuale: "Sulla tua parola... vicini e assieme".

Le parole chiave "vicini" e "assieme" hanno assunto una connotazione particolarmente attuale per via della crisi pandemica. Per tutelare la nostra salute, abbiamo dovuto e dobbiamo ancora oggi mantenere tra noi una distanza fisica, che ha condotto inevitabilmente ad un distanziamento sociale. Il tessuto relazionale delle nostre comunità è sottoposto a grandi tensioni. In una situazione in cui la coesione nella comunità sarebbe necessaria come non mai, non è solo il senso di solidarietà a crescere, ma anche sentimenti che dividono e confondono.

Questa incertezza è un elemento costitutivo della crisi che stiamo vivendo. Perché come ogni crisi, anche questa provoca esasperazione. Tuttavia, l'incertezza ci fa anche capire cosa è prezioso e importante nella nostra vita. La crisi non risparmia nessuno, nemmeno le persone di fede.  È anche il momento in cui facciamo memoria della promessa: Dio c'è. Lui non ci protegge dalle crisi, ma ci guida attraverso questi periodi di prova, ammesso che ci lasciamo guidare. La Bibbia riporta diverse situazioni simili. Come in una lente si concentrano i raggi solari, queste esperienze si riuniscono nel lieto annuncio di Cristo: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino". (Mc 1,15)

a) Il dono

Ciò che è ci è dato e donato come Chiesa non è primariamente una morale o un comandamento, ma innanzitutto una promessa confortante, una luce di speranza. Dio è vicino, cammina al nostro fianco, specialmente quando siamo proprio noi a non sapere come andare avanti. Anche nella crisi attuale, non sentiamo risuonare prima di tutto l'imperativo morale: "siate vicini gli uni agli altri” o "prendetevi cura della vostra comunità", ma la certezza di Dio: "Io sono con voi".

"Io sono qui" non è solo una promessa, ma il nome, l'essere stesso di Dio (cfr. Es 3,14). Dio è nella sua essenza “colui che è”, entra in relazione, accompagna il cammino dell'uomo. Non si tratta di un conforto esteriore nel senso di un superficiale "tutto andrà bene", ma di una relazione che consola e sostiene, che mostra la luce all'orizzonte e la tiene viva. Dio c’è anche quando io stesso posso solo gridare: "Perché mi hai abbandonato?". (Sal 22,2; Mc 15,34). Dio è amore vivente (1Gv 4,16), è un rapporto che non vacilla, neanche nelle ore buie e difficili, anche quando noi stessi non sappiamo più come andare avanti.

Dove potremmo essere noi chiesa tra dieci anni, se tutto andasse bene? La risposta a questa domanda non sarà da trovare in un conteggio quantitativo o nell'efficienza organizzativa di una struttura, ma piuttosto nella misura in cui noi stessi, come cristiani, ci rimetteremo continuamente in gioco richiamandoci alla Buona Novella della vicinanza di Dio, attingendo da essa forza e fiducia. Tutto ciò che facciamo, organizziamo e realizziamo sarà buono ed efficace solo se si baserà su un affidamento fiducioso al Dio vicino.

b) Il compito

Nella predicazione di Gesù, la sua parola e il suo operato sono inscindibili. L'annuncio dell'imminente regno di Dio è strettamente legato alla condivisione della mensa con esattori e peccatori, alla guarigione dei malati, alla cura degli emarginati. Ciò che Gesù proclama a parole si realizza nelle sue azioni. Le sue opere sono un segno tangibile della vicinanza di Dio.

Così, l'annuncio di Gesù "il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino", è inseparabile dalla seconda frase: "Convertitevi e credete al Vangelo". La vicinanza di Dio non è legata a nessuna condizione, ma ha bisogno della nostra partecipazione, della nostra adesione, della nostra collaborazione, della nostra conversione. Dio è vicino: siate quindi vicini gli uni agli altri! Per sperimentare tale vicinanza, dobbiamo aprirci ad essa, metterci a disposizione dell’altro, esserci. L'amore di Dio, se non è vissuto, se non si traduce in atti e in atteggiamenti di amore verso il prossimo, rimane astratto (cfr. 1 Gv 4,7-21).

La Buona Novella di un Dio vicino e l'impegno per promuovere la vicinanza umana e lo spirito di comunità sono direttamente connessi. Essere chiesa si realizza con uno sguardo a Dio e uno alla comunità in cui viviamo. La chiesa non cresce attraverso le nostre (pre-)occupazioni pastorali e la cura che le dedichiamo. A volte è proprio questo egocentrismo intimorito che toglie forza alla fede. La nostra chiesa cresce nella misura in cui dimentica se stessa; essa prospera, quando le persone accolgono il messaggio della vicinanza confortante e amorevole di Dio e modellano la loro vita di conseguenza. La chiesa prospera dove ci orientiamo a Dio e alle persone: sono due atteggiamenti inseparabili. Come è vero per l'individuo, così anche per la Chiesa: essa salverà la propria vita quando si perderà in Dio e nel prossimo (cfr. Mt 16,25).

In questa dinamica della vicinanza di Dio come dono e al contempo come compito a noi affidato, vorrei inserire tre accenti concreti legati al tema di quest'anno: le elezioni dei consigli parrocchiali, il lavoro sulla Sacra Scrittura, l’attività caritativa.

 

2. Impulsi pratici sul tema annuale

 

a) Elezioni dei Consigli Pastorali Parrocchiali e Sinodo dei Vescovi

Sullo sfondo del nostro Sinodo Diocesano, il tema di quest'anno riguarda il modo in cui diamo forma alla Chiesa locale nelle nostre parrocchie. A questo proposito, tra un mese avrà luogo un evento importante: le elezioni del consiglio parrocchiale.

So da diverse esperienze che mi vengono riferite che anche quest’anno è difficile individuare candidate e candidati e motivare le persone ad esprimere un voto. Tale ricerca per il consiglio pastorale parrocchiale o per altre responsabilità a lungo termine non è mai stata semplice, neanche in passato.

A causa della pandemia, la rete di relazioni è stata sottoposta a dura prova in molti luoghi. Tuttavia, vorrei incoraggiarvi a non allentare i vostri sforzi, a cercare fino all’ultimo il dialogo, raccontando la vostra motivazione, la vostra gioia nella fede. Chiedete partecipazione alle persone che finora si sono tenute in disparte o che si sono mostrate raramente. Lasciatevi sorprendere e arricchire dalle conversazioni che possono nascere in questo modo.

Indipendentemente da come si presenta la lista dei candidati, vi incoraggerei a tenere davvero in ogni parrocchia regolari elezioni. Come nella società civile, un'elezione nella chiesa segnala la volontà di lavorare in modo trasparente, di prendere sul serio l'opinione della comunità parrocchiale, di auspicare una sentita partecipazione. Viceversa, le elezioni evitano la sgradevole impressione che il consiglio parrocchiale sia stato selezionato arbitrariamente e “a tavolino” dal parroco o da qualche persona di sua fiducia. La parrocchia è la comunità dei cristiani in un determinato luogo. L'elezione del consiglio pastorale parrocchiale esprime questa condivisione di responsabilità per la propria comunità di fede.

Papa Francesco ha dato grande peso a questa responsabilità comune per la missione della Chiesa fin dall'inizio del suo pontificato. Egli desidera che la Chiesa in tutte le sue declinazioni e strutture sia orientata alla missione (EG 27). Tutto il nostro agire dovrebbe essere rivolto e speso verso coloro che sono "ai margini", che sono anche i primi destinatari della Buona Novella della vicinanza di Dio. Un tale orientamento missionario della Chiesa richiede - come il Papa sottolinea più volte - un'efficace "presenza capillare" (cfr. QA 94), ha bisogno di comunità cristiane vive e attive, anche e soprattutto nei luoghi piccoli e remoti.

Affinché questo riesca, bisogna lavorare anche sui presupposti giuridici e strutturali. Per rendere le comunità cristiane salde e impegnate attivamente nella missione, è necessario ripensare e reindirizzare anche l'attuale modello di governo della chiesa.

Per questo motivo, Papa Francesco ha rivalutato i ministeri del lettorato e dell’accolitato e ha reintrodotto il ministero del catechista. Tali ministeri sono ufficialmente aperti a tutti i cristiani, uomini e donne, sono ministeri ecclesiali che hanno il loro fondamento nella chiamata vocazionale al battesimo e alla confermazione.

Si tratta della pastorale della corresponsabilità, sostenuta dal "sacerdozio ministeriale", che ha il suo fondamento nel sacramento dell'Ordine, e dal "sacerdozio comune di tutti i fedeli" (cfr. LG 10). Come ulteriore passo su questa strada, il pontefice ha annunciato, in occasione della scorsa solennità di Pentecoste, il Sinodo dei Vescovi 2023: "Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione". In questo sinodo il Papa non vuole solo parlare di comunione e partecipazione, ma vuole anche giungere a forme di comunione e di partecipazione vissute attraverso un cammino sinodale in tutta la Chiesa universale.

In questo autunno anche noi siamo invitati a percorrere un cammino sinodale e a partecipare con il nostro contributo al Sinodo dei Vescovi. Ciò che elaboriamo nella nostra diocesi confluirà in un documento congiunto della Conferenza Episcopale. Come ulteriore passo, ci sarà una valutazione sul piano continentale dei risultati prima che il processo si concluda a livello di Chiesa universale a Roma nell'autunno 2023. Questo cammino è un'occasione per riprendere in mano i risultati del nostro Sinodo Diocesano: per vedere dove abbiamo già compiuto passi in avanti e dove c'è ancora bisogno di agire affinché le nostre parrocchie e comunità cristiane possano diventare operatori efficaci di una Chiesa missionaria.

Vi invito quindi cordialmente a fornire il vostro contributo e a partecipare a questo cammino diocesano. L'apertura solenne avrà luogo il 17 ottobre, una settimana prima delle elezioni dei nostri consigli parrocchiali. Tale data, che Papa Francesco ha fissato per tutte le diocesi, conferisce anche un carattere particolare alla nostra celebrazione. Le elezioni dei consigli parrocchiali esprimono la concretezza di una chiesa sinodale in cui si vive la comunità, la partecipazione e la missione.

Ecco perché abbiamo collegato l'apertura diocesana del Sinodo dei Vescovi ad un pellegrinaggio diocesano. Sarà un'opportunità per noi di pregare affinché le elezioni dei nuovi organi parrocchiali vadano a buon fine. Per intercessione dei nostri patroni diocesani, vogliamo chiedere l'aiuto dello Spirito Santo, per aprire i nostri cuori ai bisogni e alle necessità del nostro tempo, per trovare strade nuove che rendano le nostre parrocchie vive, per dare testimonianza credibile di vicinanza al nostro prossimo.

Come Papa Francesco sottolinea ripetutamente, la parrocchia rimane essenziale e importante, poiché essa, nonostante tutti i cambiamenti, continua a essere il modo concreto in cui la Chiesa si rende presente nel quotidiano, realizzando così il suo mandato missionario (cfr. EG 28). Grazie alle parrocchie è possibile accompagnare le persone nei momenti gioiosi e dolorosi, celebrare l’anno liturgico e coltivare una comunità di fede viva. Il titolo del nostro tema annuale potrebbe anche fungere da mandato per la parrocchia: "Sulla tua parola... vicini e assieme".

In mezzo e nonostante tutte le difficoltà che conosciamo, l’annuncio del regno di Dio vicino arriva alle persone attraverso la parrocchia e le incontra nei loro luoghi concreti.

b) La Sacra Scrittura e le piccole comunità cristiane

Uno strumento importante per realizzare questo incontro è il lavoro sulla Parola di Dio. Il Concilio Vaticano II cita giustamente il Padre della Chiesa Girolamo, il grande traduttore della Bibbia: „L'ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo“ (DV 25).

Lo studio delle Sacre Scritture è una delle possibilità privilegiate per entrare in contatto con Dio e prendere coscienza della Sua vicinanza. I testi biblici testimoniano come le persone abbiano sperimentato la presenza di Dio nel corso dei secoli, come siano stati combattuti nel dubbio, mettendo in discussione le sue promesse. Dio rinnova sempre la sua alleanza, cerca il suo popolo e continua a sceglierlo.

La Bibbia testimonia come Dio in Cristo abbracci tutti gli uomini, anzi tutta la creazione, in questa promessa di vicinanza, consolazione e compimento. Lo studio delle Sacre Scritture era ed è per la Chiesa una fonte di rinnovamento, poiché è lo stesso Spirito Santo che ci parla attraverso i testi biblici. (cfr. DV 21)

Perciò vorrei incoraggiarvi a formare, non solo nelle vostre parrocchie, associazioni e comunità, ma anche nelle vostre cerchie di amici e conoscenti, piccole comunità cristiane, che si riuniscano intorno alla lettura e alla condivisione della Bibbia. Non abbiate paura di provare, iniziate semplicemente con un piccolo gruppo di persone. Approfittate degli incontri introduttivi offerti dall'ufficio pastorale, lasciatevi accompagnare dal responsabile per il settore biblico, provate questo esperimento!

L'esperienza delle terre di missione mostra quale grande potenziale si trovi in queste piccole comunità riunite intorno alla Parola di Dio. Qui si sperimenta una pastorale viva anche in presenza di pochi sacerdoti. Qui le persone possono assistersi, accompagnarsi e crescere insieme nella fede. In questi paesi il motto "Vicini e assieme" non è uno slogan astratto. Meditando insieme un passo della Bibbia, si può sperimentare la vicinanza di Dio, in una vicinanza umana vissuta e con lo sguardo alle concrete circostanze di vita. Qui le persone imparano a guardare la loro vita in una prospettiva di fede, che si traduce nelle parole del loro linguaggio quotidiano. Qui le persone sono incoraggiate a prendersi cura l'una dell'altra e a portare il loro contributo nella comunità.

c) Caritas parrocchiale

Anche il terzo accento del tema annuale è dedicato a questo contributo alla comunità. "Vicini e assieme" riassume l’impegno della parrocchia nel realizzare una comunità funzionante a livello locale. "Assieme" non significa genericamente stare, parlare, fare insieme, ma piuttosto condividere i doni, andare oltre la propria cerchia e cercare il prossimo. La parola chiave "assieme" richiama per me la visione di una chiesa in cui tutti possono partecipare alla vita della parrocchia e contribuirvi con i propri talenti, affinché insieme si possa costruire il Bene comune. Sono due aspetti strettamente collegati. Da una parte abbiamo il compito di dare il nostro singolo apporto per il bene della comunità, dall’altra abbiamo bisogno di una comunità cristiana viva, che riconosca e valorizzi ogni persona con i suoi rispettivi talenti. La partecipazione interna e l'efficacia verso l‘esterno sono reciprocamente dipendenti.

La Caritas parrocchiale gioca a questo proposito un ruolo importante. È rilevante che proprio in questo anno pastorale possiamo celebrare il suo 30° anniversario, insieme a quello del servizio di Volontariato, poiché il mandato della Caritas diocesana, ovvero di quella parrocchiale, coincide esattamente con il tema annuale. Si tratta di motivare e incoraggiare le persone a mettersi a disposizione gli uni degli altri, concentrando la nostra attenzione su coloro che hanno più bisogno della nostra vicinanza.

Un aspetto di questo stato di precarietà è stato recentemente portato alla luce in modo preponderante dalla pandemia. Parlo della solitudine che affligge tanti anziani e malati, ma anche molte persone con un contesto migratorio, con problemi familiari o psichici. La solitudine non è una questione di presenza o assenza fisica, ma una circostanza relazionale. La capacità di percepire e alleviare la solitudine del nostro prossimo è un indicatore chiave della salute della nostra comunità.

Al di là del problema della solitudine, ci sono molti modi in cui noi come parrocchia possiamo attivarci efficacemente nella comunità. Centrale in tutto questo è che l'impegno verso il prossimo non venga semplicemente demandato a qualcun altro, anche se fosse la Caritas parrocchiale. Ognuno di noi è invitato ad accogliere la Buona Novella della vicinanza di Dio e a renderla viva. La Caritas parrocchiale ha il compito di incoraggiare e promuovere la vicinanza, il sostegno, l’assistenza vicendevole tra le persone, che divengono in questo modo testimoni dell’amore di Dio. 

"Sulla tua parola... vicini e assieme": il tema diocesano annuale ci invita a scoprire e trasmettere con nuova forza la vicinanza di Dio nel nostro impegno gli uni per gli altri. Le elezioni del consiglio parrocchiale sono un segno tangibile della nostra disponibilità, della nostra presenza come Chiesa nelle diverse realtà locali. Il confronto con la Parola di Dio ci aiuta a sperimentare concretamente un Dio che si lascia incontrare da noi. Nel nostro impegno per un amore al prossimo vissuto in prima persona, per la caritas, ci facciamo portavoce ed espressione dell’amore di Dio.

 

3. Altre questioni legate al tema annuale

Vorrei ora menzionare altri tre argomenti che mi stanno a cuore e sono in relazione con il nostro tema diocesano: l'assistenza ai malati e ai morenti, la preparazione ai sacramenti e la responsabilità per il Creato.

a) L'assistenza ai malati e ai morenti

La pandemia ci ha reso ancora una volta particolarmente sensibili a questa tematica. Ma è anche un argomento che sta assumendo una dimensione completamente nuova attraverso gli attuali dibattiti sull'eutanasia e il suicidio assistito. Ci terrei a evidenziare quanto mi sta a cuore in modo molto sintetico: "Nel decidere la direzione da seguire, dobbiamo scegliere la vita"[1].

Abbiamo sperimentato molto chiaramente cosa manca quando viene meno la vicinanza umana nel fine-vita. Al di là di qualsiasi misura medica, abbiamo bisogno di incoraggiamento e di conforto, di qualcuno che ci dica: "Sono con te e ti starò vicino, qualunque cosa accada". Come cristiani, siamo sempre saldi nella speranza che la vita non perde mai il suo significato, anche attraverso la sofferenza e la malattia. È di questa speranza che diamo testimonianza quando siamo vicini ai malati e ai morenti. Dovrebbero terminare il loro cammino terreno stringendo la mano di qualcuno e non per mano di qualcuno.

Bisogna riflettere seriamente sul perché una persona desideri morire. Spesso sono gravi circostanze esistenziali, esperienze di grande dolore e profondo sconforto a togliere ad una persona la volontà e la forza di continuare a vivere.

Nell'accompagnamento dei malati e dei morenti, così come dei malati mentali, tuttavia, sarebbe un'alternativa comoda fermarsi e soddisfare semplicemente il loro desiderio di morire. Esso è spesso da ricondurre ad ansie e preoccupazioni, come ad esempio la paura del dolore, della solitudine o il pensiero di essere un peso per i parenti. Queste situazioni estreme di angoscia non andrebbero tuttavia affrontate con l’uccisione o con il suicidio assistito.

Che ne sarebbe della nostra società, del sistema sanitario e sociale, se il primo auspicio nell’incontrare e rapportarsi con persone malate e disperate non fosse più l’accompagnamento amorevole in vita, ma l'uccisione - possibilmente più economica, facile e veloce - o l'assistenza al suicidio? A che tipo di pressione esporremmo gli anziani e i malati gravi?

In tutto il dibattito sull'eutanasia e sul suicidio assistito, si argomenta spesso facendo uso del concetto di libertà. Vale la pena esaminare più da vicino questo aspetto. La decisione di porre fine alla propria vita o il desiderio di essere assisiti nel morire si basa su una tale serie di fattori esterni e di determinanti sociali, che non è possibile trattare il problema come se fosse semplicemente una questione di libertà individuale. In molti casi, queste persone soffrono proprio per una forte limitazione della loro libertà e spesso non vedono più alternative alla morte. Per questo ritengo fondamentale che invece tali alternative vengano mostrate: cito ad esempio la medicina palliativa o la sedazione in caso di dolore estremo. Allo stesso tempo, la libertà non vive mai semplicemente in uno spazio vuoto, ma si realizza essenzialmente nel dialogo e nella responsabilità reciproca. Non l'arbitrarietà, ma la responsabilità per l'altro è la massima espressione della libertà.

Nel decidere la direzione da seguire, dobbiamo scegliere la vita. Vorrei che come chiesa assumessimo una posizione chiara, anche politicamente, ma non solo. Ma soprattutto scegliendo incondizionatamente di portare vicinanza. Nessun essere umano dovrebbe essere lasciato solo, nessun grido di aiuto dovrebbe rimanere inascoltato. È nostro compito come cristiani testimoniare la vicinanza e l'amore di Dio, che supera anche la morte, sfruttando tutte le possibilità per alleviare la sofferenza fisica e psichica, avvalendoci di ogni concreta modalità per includere socialmente le persone e per accompagnarle spiritualmente. Ma anche accettando i limiti della medicina: ciò vuol dire non sottoporre nessuno a terapie non volute; vuol dire interrompere o desistere se un trattamento non raggiunge più il suo scopo. In ogni caso, non dobbiamo permetterci di condannare nessuno per le sue decisioni e per la sua sofferenza.

b) Cresima e catechesi sacramentale

Vengo al secondo argomento, la preparazione dei sacramenti: anche qui parliamo di persone che sperimentano la vicinanza di Dio nella comunità della Chiesa. Questo vale in particolare per il nuovo percorso di preparazione della Cresima, che quest’anno si sta già attuando in alcune unità pastorali. Negli ultimi due anni, nonostante la pandemia, si è lavorato intensamente su questo nuovo percorso. Vorrei ricordare ancora una volta che in futuro i giovani, nel giorno in cui riceveranno la Cresima, dovranno avere almeno 16 anni, e che tale nuova modalità di preparazione al sacramento durerà almeno un anno. Ai giovani dovrebbe essere data l'opportunità di seguire un cammino e di riflettere sulla loro vita alla luce del Vangelo di Cristo. È particolarmente importante che possano sperimentare uno spirito comunitario e incontrare persone che, attraverso il loro entusiasmo, possano risvegliare in loro la gioia di essere cristiani.

L'Ufficio scuola e catechesi ha preparato validi sussidi per la preparazione alla Cresima e offre a voi catechisti diverse modalità di accompagnamento, come la formazione continua, lo scambio di esperienze, gli incontri di aggiornamento, affinché questo vostro prezioso e impegnativo servizio possa realizzarsi in modo efficace a livello locale. Tuttavia, le cose più importanti rimangono nelle vostre mani: la convinzione di ciò che si sta facendo, la gioia di lavorare con i giovani, l’entusiasmo che suscita la fede cristiana e che voi potete trasmettere. Se non si trova nessuno disposto a collaborare così, allora non è in primo luogo il nuovo percorso della Cresima ad essere messo in discussione, ma noi come comunità di credenti: siamo pronti a interrogarci sulla nostra fede (cfr.1 Pt 3,15)?
Abbiamo scoperto e promosso le diverse capacità e i carismi nella nostra comunità?

Quando si tratta di celebrare un sacramento, ci viene spesso chiesto perché sia necessaria la relativa preparazione. Dopo tutto, un sacramento è un dono di Dio, che non può essere legato a condizioni: vista puramente sotto questo aspetto, la preparazione sarebbe un carico inutile. Ma essa ha un altro scopo: è un momento per approfondire il proprio rapporto con Dio. Non siamo lasciati soli, ma sostenuti da una comunità. I sacramenti sono celebrazioni della nostra fede. Conoscerla è quindi essenziale, anche se oggi sempre meno scontato. Sono molti i genitori che chiedono il battesimo del loro bambino per un senso di tradizione, sebbene abbiano preso le distanze dalla fede e soprattutto dalla comunità della chiesa. Tra non molto verrà meno anche questa consapevolezza legata alla tradizione.  Vogliamo dunque riscoprire l’importanza della preparazione ai sacramenti, comprenderla come un'opportunità, darle forma e affrontarla con serietà.

Anche qui dovremmo saper lavorare insieme, soprattutto noi sacerdoti. Mi preoccupa vedere come alcune famiglie chiedono nella parrocchia vicina o in una qualche altra se il sacramento può essere celebrato lì, perché c'è una preparazione più breve o addirittura non c’è affatto, perché lì la celebrazione è più rapida, perché lì possono stare “tra loro” in famiglia, e così via. Questo "turismo sacramentale" è un peso per la nostra vita ecclesiale, perché ci mette gli uni contro gli altri e oscura il senso della celebrazione del sacramento. Da qui parte il mio appello e la preghiera a noi tutti: riconosciamo e facciamo nostra la responsabilità per la preparazione e la celebrazione dei sacramenti!

c) Responsabilità per il Creato

Vengo al terzo argomento. L'umanità nel suo insieme sta affrontando un fenomeno senza precedenti: è in atto un impressionante e rapido cambiamento climatico causato dall'uomo stesso. L'urgenza di questa crisi è stata per poco tempo portata in secondo piano dalla pandemia, ma ora è tornata a farsi sentire. Come cristiani, siamo chiamati a riflettere.

La responsabilità per il Creato, questa scelta obbligata, il "grido della creazione" e il "grido dei poveri" hanno davvero raggiunto i nostri cuori? Si tratta di preservare i mezzi di sussistenza di milioni di persone. Papa Francesco ce lo ha chiarito in modo inequivocabile nella sua enciclica Laudato si': la responsabilità per il Creato è responsabilità per i nostri simili. La responsabilità per il Creato è una pratica di fede!

Il Papa sottolinea come non si tratti di correggere esternamente il modello di vita e di economia prevalente, ma di operare una conversione che coinvolga la persona intera. A iniziare dalla nostra spiritualità, dal modo in cui comprendiamo noi stessi, i nostri simili, il nostro ambiente come parte di un insieme più grande, e in relazione con Dio. Si tratta della grande opera della Creazione e della sua gestione responsabile. Chi, se non noi cristiani, dovrebbe dare oggi il buon esempio?

Sono consapevole che come diocesi abbiamo anche molto a che fare con i diversi beni che amministriamo per i nostri obiettivi pastorali. L'entrata della diocesi nell'Alleanza Europea per il Clima è un passo sulla strada che vogliamo percorrere nell'ambito della salvaguardia e della responsabilità per il Creato. Invito sia il settore amministrativo diocesano, come anche le parrocchie e le istituzioni ecclesiastiche a osare con coraggio tutti i passi possibili. Il "Manuale per l’ambiente" offre molti suggerimenti pratici a questo proposito. Inoltre, ora c'è anche la possibilità di aderire come parrocchia all'Alleanza per il Clima. L'Ufficio per il Dialogo è a disposizione per tutte le informazioni a riguardo. La promozione di una spiritualità della creazione è fondamentale. Nel corso dell'anno pastorale, sono molte le occasioni per riprendere il tema del Creato da un punto di vista liturgico o in varie forme di riflessione.

4. Una parola di fiducia

Di fronte alle sfide della crisi climatica, spesso ci sentiamo sopraffatti. Chi sarà in grado di riuscirci? Cosa posso io, cosa può ottenere la nostra piccola comunità? Non solo di fronte alla crisi climatica, ma anche in molti altri ambiti, conosciamo questa sensazione di sopraffazione e a volte persino di rassegnazione. Siamo diventati così pochi: come possiamo portare avanti la parrocchia in questo modo? Sappiamo così poco della Bibbia, come possiamo costruire una piccola comunità cristiana? C'è così tanta sofferenza e povertà nel mondo: a cosa serve il nostro piccolo contributo?

Il testo della Prima Lettera ai Corinzi, che ci ha accompagnato in questi due giorni di convegno pastorale, fornisce qui un’utile traccia. Quando Paolo dice: "Mi sono fatto tutto per tutti" sembra apparentemente avere intorno a sé il mondo intero e moltitudini di seguaci. Ma subito dopo emerge la realtà effettiva: "Per salvare ad ogni costo qualcuno"(1Cor 9,22). Anche Paolo, l'apostolo delle genti, non riesce a raggiungere tutti. Al contrario. La sua parola e il suo operato cadono spesso nel vuoto. Ma ciò che è decisivo e viene sottolineato con enfasi da Paolo è questo: laddove gli uomini non arrivano, arriva - fino in fondo - l'amore salvifico di Dio. Paolo cerca di "farsi tutto per tutti” non perché lui abbia il potere di convertire tutti, ma perché la promessa di Cristo è per tutti. Paolo cerca la vicinanza con le persone, le segue lì dove sono e per come sono, nella realistica consapevolezza che raggiungerà solo alcune di loro. Ignazio di Loyola, il fondatore dell'Ordine dei Gesuiti e il grande maestro degli Esercizi Spirituali, ha riassunto così questo atteggiamento: "Confida in Dio come se Lui solo facesse tutto, e tu nulla; ma applica ogni sforzo nel tuo agire come se il successo delle cose dipendesse interamente da te e non da Dio".

5. Ringraziamenti

Caro vicario generale Eugen, cari confratelli nel ministero sacerdotale e diaconale, cari religiosi, cari collaboratori nei vari settori della pastorale, vi chiedo di continuare a camminare insieme – alla luce della Parola di Dio e uniti tra noi attraverso un dialogo credente e costruttivo.

Il mio particolare ringraziamento va a tutti coloro che all'inizio di quest’anno pastorale hanno lasciato e rimesso un incarico o un servizio, e a tutti coloro che ne hanno assunto uno nuovo. La mia stima va a tutti i sacerdoti anziani ancora disposti a contribuire alla cura pastorale secondo le loro possibilità. La lista degli avvicendamenti in diocesi è molto lunga anche quest'anno. Dietro questa lista ci sono persone concrete, preoccupazioni e situazioni di necessità: è proprio nei cambiamenti di personale che sperimentiamo in diocesi un sempre maggiore bisogno e vulnerabilità. Vi ringrazio per la disponibilità a farvi carico e a sostenere insieme gli sforzi e le questioni aperte e gravose. Esprimo i miei sinceri e sentiti ringraziamenti al vicario generale Eugen Runggaldier e ai suoi assistenti Mario Gretter e Josef Knapp. Auguro al nuovo assistente del vicario generale, il Rettore del Seminario Markus Moling, di accogliere con gioia e sensibilità il suo nuovo compito, continuando ad accompagnare i seminaristi. Sono molto lieto che il nuovo progetto dei dodici candidati al sacerdozio provenienti dall'India e dalla Tanzania sia iniziato positivamente lo scorso aprile e sono grato che goda del sostegno di molti.

Nel contesto di questo convegno, vorrei ringraziare il Direttore dell'ufficio pastorale, Reinhard Demetz, e tutti gli altri collaboratori della Curia e della Segreteria vescovile. Di cuore ringrazio tutti coloro che hanno responsabilità nella pastorale parrocchiale e in quella dei vari settori diocesani, o che vi collaborano come sacerdoti e laici. C’è bisogno di tutti noi - e di noi insieme! Abbiamo bisogno l'uno dell'altro per sostenerci, aiutarci e assisterci reciprocamente, continuando il cammino comune nelle attuali circostanze.

Vi ringrazio anche per la benevolenza che molti di voi mi dimostrano. Il fatto che io sia potuto essere per 10 anni “con voi cristiano e per voi vescovo" (Agostino) mi riempie di gratitudine e di gioia - nonostante tutte le questioni irrisolte, le sfide e i cantieri aperti che oggi sono in grado di riconoscere e di sperimentare molto più chiaramente di allora, il 9 ottobre 2011. Personalmente il mio motto episcopale mi ha dato coraggio, convinzione e un grande sollievo durante questi ultimi dieci anni. " Tu es Christus ". Sei tu, il Cristo. È la tua chiesa, non la mia! Negli ultimi dieci anni il mio motto è diventato sempre più una preghiera di speranza. Poiché Gesù di Nazareth è il Cristo, sono cristiano, sacerdote e vescovo con gioia e speranza.

 

"Sulla tua parola... vicini e assieme". Anche noi possiamo rispondere alla promessa di Dio con la stessa fiducia di S. Paolo. L'amore confortante e salvifico di Dio si fa dono irrevocabile a tutta l’umanità. Dobbiamo e possiamo essere messaggeri della Sua vicinanza, nel luogo e nel tempo in cui Dio ci ha posto. Anche se agiamo sempre nella piccolezza della nostra umanità e nonostante le nostre azioni continuino a sembrarci imperfette, rimane tuttavia la promessa che, dove questo accade per amore, è Dio che opera (cfr. 1 Cor 13). Allora anche la più piccola e apparentemente insignificante delle azioni sarà piena di eternità. Allora potremo anche essere fragili e imperfetti e tuttavia, insieme a Maria, lodare la grandezza del Signore che innalza gli umili e ricolma dei suoi beni gli affamati (cfr. Lc 1,46-55). 

Giulan, De gra, un sentito e cordiale grazie, vergelt´s Gott!

 

[1] Günter Virt, Intervista al il giornale „Salzburger Nachrichten”, 3 ottobre 2020.