Una giornata di relazioni, dibattito, lavori di gruppo con gli esperti: nel convegno promosso il 17 novembre 2022 a Bolzano, il Servizio diocesano per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili ha richiamato alla responsabilità nella lotta alle forme di abuso e violenza nella Chiesa e nella società. “Victims first“, le vittime innanzitutto, è il nome del progetto proposto per affrontare concretamente il tema sul piano dell’elaborazione e della prevenzione.
"Con questo convegno la diocesi compie un altro passo importante verso una cultura dell'attenzione e della responsabilità per proteggere i minori e gli adulti vulnerabili. Affrontando la questione degli abusi si avviano processi di cambiamento dentro e fuori la Chiesa", ha sottolineato Gottfried Ugolini, responsabile del servizio diocesano per la tutela dei minori davanti a oltre 100 partecipanti del mondo ecclesiale, delle istituzioni e della società civile.
Il vescovo Ivo Muser ha ricordato il triplice compito della Chiesa oggi: “In primo luogo dobbiamo riconoscere che anche noi abbiamo sottovalutato, trascurato e coperto gli abusi su minori e persone vulnerabili. In secondo luogo, dobbiamo rivolgere alle vittime quell'attenzione che per troppo tempo è venuta a mancare; ad esse è stato spesso negato qualsiasi supporto psicologico, medico e legale. Adesso devono ricevere giustizia. Il terzo compito consiste nell’affrontare gli errori del passato e assumersi la responsabilità delle loro conseguenze. Ciò significa che dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere, anche cercando un supporto professionale dall'esterno, affinché la chiesa sia uno spazio sicuro per i minori e per le persone vulnerabili. Per questo abbiamo bisogno di sviluppare programmi di protezione.”
Di conseguenza, in estate il vescovo ha incaricato l'Istituto di antropologia della Pontificia Università Gregoriana di Roma (l’ex Centro Protezione Minori diretto dal gesuita Hans Zollner), di predisporre un concetto per la diocesi di Bolzano-Bressanone, già attiva dal 2010 con un Servizio specialistico e un Centro d’ascolto. Le linee guida di questo piano sono state presentate al convegno e ora dovranno essere implementate: “Ne discuteremo nelle commissioni diocesane e con i responsabili degli ordini religiosi. Ritengo importante intraprendere un percorso comune, come Chiesa in sé e come Chiesa nella società. Entrambe, Chiesa e società, hanno la responsabilità di tutelare il bene dei giovani da violenze che si verificano non solo nella Chiesa ma anche in contesti familiari e in altri ambiti”, ha spiegato il vescovo auspicando quindi un dialogo tra Chiesa, società e politica.
Il vescovo ha poi sottolineato che questo tema non si risolve dall’oggi al domani: “È un processo continuo, come dice Papa Francesco, proprio perché l'abuso, con tutte le sue devastanti conseguenze, è accaduto spesso e ovunque e continua ad accadere. Parliamone, oggi e non solo oggi”, ha incoraggiato Muser.
Peter Beer, professore all’Istituto di antropologia (IADC) della Gregoriana, ha presentato la proposta “Victims first” (prima le vittime) con le linee guida su come affrontare i casi di abuso in una Chiesa locale (“non tutto deve essere attuato subito e perfettamente, purché ci si muova in modo continuo, trasparente e con un orizzonte chiaro e vincolante“) e ha indicato due punti di riferimento. Il primo: le vittime di abusi partecipano a tutte le fasi del progetto. Non sono semplici destinatari passivi dei risultati, ma partecipanti attivi. Il secondo punto: quante più persone all'interno di una struttura ecclesiale - una diocesi, una comunità religiosa, un collegio - possono essere coinvolte attivamente, tanto più efficace sarà il progetto pianificato per affrontare il problema degli abusi.
Beer ha spiegato che quindi “Victims first è un progetto di trasformazione perché inserisce la gestione del problema abusi in un processo di cambiamento per tutte le parti interessate in una diocesi.“ Questo processo strategico affronta le tre fasi importanti dello scandalo di un abuso: fare chiarezza su come si è agito in passato, rielaborare (chiedersi quali sviluppi si sono verificati nel frattempo, provare a riparare agli errori commessi, farsi un quadro da cui partire) e prevenire (garantire un futuro sicuro a tutte le persone vulnerabili.)
Un processo strategico orientato al "prima le vittime", ha spiegato Beer, non si concentra solo sulle abusi sessuali, ma include chi può aver subito un torto dalla Chiesa (bambini in orfanatrofio, lavoratori forzati, vittime di abusi di potere e di abusi spirituali, ecc.). Perchè non esiste un sistema a due livelli, che concentra l’attenzione primaria su chi ha subito un abuso sessuale rispetto a vittime di altre forme di abuso. Inoltre un simile processo aiuta a chiarire in che misura la Chiesa può servire come centro di ascolto anche per chi ha subito o subisce abusi in famiglia o in altri contesti sociali.
Infine il relatore ha ricordato che nell'attuare questo programma va applicato un principio: “Quanto più ampia e aperta è la cerchia degli attori coinvolti, dalle istituzioni alla società civile, tanto prima e tanto maggiore sarà la fiducia nel lavoro svolto nel processo.“ È pertanto auspicabile che i rappresentanti delle autorità statali, provinciali e comunali – ad esempio gli uffici del sindaco, la polizia, gli uffici di assistenza sociale, i tribunali – siano invitati a partecipare a un processo di strategia ecclesiale e che vengano contattate anche le associazioni delle vittime slegate dalla Chiesa.
La conclusione del relatore: il lavoro è faticoso e la tentazione di evitarlo è grande. Per scongiurare ciò, l'unico modo è tematizzarlo, dibatterne apertamente, discutere le obiezioni, coinvolgere e responsabilizzare il maggior numero possibile di persone.
Dagmar Hörmandinger, responsabile del Dipartimento prevenzione della violenza e tutela di bambini e giovani nella Diocesi di Linz (Austria), ha parlato dei piani di protezione anti-abuso come atteggiamento da vivere in comune, creando vicinanza e relazione con le vittime. Ha ricordato che “una buona prevenzione può anche avere l'effetto di far scoprire più rapidamente un reato. Il piano d'intervento è quindi un elemento necessario, perchè un aiuto tempestivo aumenta le possibilità di recupero.“ La relatrice ha rimarcato che “l’atteggiamento del guardare, agire, essere coraggiosi ha bisogno di un impegno finanziario ma anche di persone inserite in una rete professionale.“
Nel pomeriggio il programma dei lavori ha previsto workshops con gli esperti su aspetti specifici, tra cui le conseguenze sulle condizioni psicosociali dei minori maltrattati, gli effetti del trauma nell’adulto, quando e come va fatta una segnalazione all’autorità giudiziaria, le best practices nella protezione in comunità e istituzioni, l‘impegno degli investigatori nelle indagini e nell’ascolto di minori.