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Predigten

Christtag 2012

Liebe Schwestern, liebe Brüder in der Gemeinschaft des Glaubens!

Kein anderes christliches Fest ist so tief in Kultur und Brauchtum, in Familie und Gesellschaft, im öffentlichen und privaten Leben verankert wie das Weihnachtsfest. Schon seit Wochen prägt dieses Fest unübersehbar Städte, Gemeinden, Werbung, Konsum- und Unterhaltungsindustrie. Ja, manchmal habe ich sogar den Eindruck: Auch wenn die Kirche Weihnachten abschaffen würde, das Fest würde trotzdem stattfinden. Weihnachten ist offenbar nicht umzubringen! Es ist so sehr verankert in unserer Gesellschaft, dass auch jene wachsende Gruppe von Menschen, die mit der Botschaft des Festes ihre Schwierigkeiten haben, sich diesem einzigartigen Fest nicht entziehen können und wollen. Es bleibt für viele das Fest einer großen Sehnsucht - auch wenn diese Sehnsucht oft nicht länger dauert als eine Nacht und einige Tage. Christen feiern Weihnachten, Jesu Geburtstag, aus Freude und Dankbarkeit über Gottes Entschluss, Mensch zu werden. Christen feiern aus Freude und Dankbarkeit über Jesus Christus, den Sohn Gottes, und durch Maria unseren Bruder und Freund, unseren Wegbegleiter, vor allem unseren Retter und Heiland. Doch der Blick in unsere Welt zeigt uns oft statt Rettung und Heil eher Not, Unheil und Elend. Und wir alle haben oft den Eindruck, dass der Gesang der Engel über der Krippe von Betlehem schon längst wieder verstummt ist. Il Natale non ci proclama che con la nascita del redentore ogni dolore e ogni bisogno sono stati risolti e cancellati in un colpo solo. Gesù non li ha semplicemente messi da parte, egli è venuto proprio in mezzo al nostro dolore e ai nostri bisogni e li ha condivisi. Vivendo con noi e soffrendo con noi ci mostra che malgrado tutto vi è un senso profondo delle cose, proprio perché con la sua vita e con la sua morte ci apre la prospettiva che il dolore e il bisogno non hanno l’ultima parola.“E il verbo si fece carne”. E’ questo il messaggio che ci è affidato! E’ un messaggio che ci scuote, persino ingombrante, ma è proprio così e non altrimenti! Care sorelle, cari fratelli, sono sempre di più coloro che percepiscono che la nostra vita di fatto mantiene un carattere frammentario. Lo sappiamo bene: un incidente o una diagnosi di un tumore possono far saltare in un attimo tutti i nostri piani. Anche per questo è del tutto comprensibile che alla gente interessi come sia possibile, nonostante tutto, trovare la felicità, fare in modo che la felicità possa diventare realtà della persona intera. Ma non è raro che si viva invece secondo il pensiero che la mia vita è felice se posseggo quante più cose possibili, se godo e approfitto di quante più opportunità possibili, se riesco a realizzare me e i miei sogni, senza badare agli altri. Schon vor Jahren hat der portugiesische Schriftsteller Fernando Pessoa geschrieben: „Wehe dir, wehe allen, die ihr Leben damit verbringen, eine Beglückungsmaschine erfüllen zu wollen!“ Wie recht er hat! Denn die Rückseite der Vergötzung des Glücks ist unmenschlich: Möglichst gesund, möglichst so, dass ich möglichst viel möglichst genussvoll erleben kann. Wer so denkt, für den ist klar, dass man einen Embryo, bei dem man eine Missbildung feststellt, von der Last befreien muss, geboren zu werden. Wer nicht glückfähig zu sein scheint, dem müssen wir ersparen, zur Welt zu kommen. Das gilt dann auch – umgekehrt – am Ende des Lebens: Wer nicht mehr möglichst viele Glücksmomente möglichst ungestört durchleben kann, den muss man befreien von der Last zu leben. Doch wer definiert, was glückliches Leben bedeutet? Wer entscheidet, welche Krankheit ein glückliches Leben verhindert? Die Diktatur des Glücks kann unerbittlich werden! Wehe allen, an denen sich die Beglückungsmaschine austobt! Su una cartolina di auguri che ho ricevuto di recente c’era questa frase: “Nella vita non può bastare avere tutto”. Quanto è vero! La dittatura della felicità viene così privata del suo potere. Nella vita ci saranno sempre un anelito ed un desiderio che non possono essere soddisfatti da niente e da nessuno in questo mondo. Nessuno può in ultima analisi afferrare ciò che costituisce il senso della propria vita. Per quante cose noi possediamo, esse non ci conducono al traguardo della vita. La risposta su ciò che alla fin fine ci realizza e ci rende felici può soltanto esserci data in dono. Qui sta il grandioso mistero del Natale. Il Figlio di Dio nasce in una stalla ed è e rimane uomo nell’apparente insensatezza che sta tra la stalla e il Golgota. Nel frammento brilla una realtà così differente, da aprirsi solamente a coloro che sanno vivere il proprio desiderio profondo. Se lo consideriamo così, care sorelle e cari fratelli, il Natale ha un significato di grande attualità: la vita in sé, la vita nel frammento, la vita nella povertà, la vita nel fallimento, è preziosa, semplicemente perché è la vita donata da Dio, che è e rimane vita anche al di là di ogni esperienza di felicità intramondana. Non può bastare avere tutto! Die Botschaft, dass Gott selbst Mensch wird, gibt es in keiner anderen Religion. Das ist das unerhört Neue und unterscheidend Christliche! Diese Botschaft ist und bleibt großartig, herausfordernd und immer neu. Darauf zu antworten, gibt es nur zwei Möglichkeiten: Sich abwenden und so tun, als hätte man nichts gemerkt: „Er kam in sein Eigentum und die Seinen nahmen ihn nicht auf“ (Joh 1,11). Oder sich ihm überlassen und seine Liebe anderen weiterschenken: „Allen, die ihn aufnahmen, gab er Macht, Kinder Gottes zu werden“ (Joh 1,12). "Und das Wort ist Fleisch geworden" - heute, mitten unter uns."E il Verbo si fece carne" - oggi, tra di noi. Amen.