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Predigten

Gründonnerstag

Ecco la sera con cui iniziano i tre giorni più importanti dell’anno. Oggi la chiesa sparsa nel mondo si ferma, si inchina per lavare i piedi, si inginocchia per adorare l’eucaristia.
Anche noi, stasera, tra sentimenti diversi, attese, speranze, vuoti da colmare, dubbi da risolvere, domande da fare, siamo qui, in attesa di inginocchiarci davanti a colui che si è inginocchiato davanti a noi.
Vi confesso un coinvolgimento forte. Per me questi giorni sono veramente il cuore della mia fede, di tutta la mia speranza e anche del mio ministero. Nel mistero del Triduo pasquale si decide la verità del cristianesimo. Vi confesso anche la difficoltà nel preparare qualcosa da dirvi oggi, difficoltà che nasce dal contrasto tra le parole che proclamiamo, i gesti che facciamo e la nostra vita concreta. Come possiamo celebrare il mistero dell’amore se siamo a volte così lontani da un autentico amore, se anche tra noi cristiani ci sono chiusure, egoismi, lotte, dissapori… chi di noi non ha qualcuno, sposo, figlio, genitore, familiare, amico, confratello, collega, da cui in questo momento non si senta lontano? Ha senso allora celebrare il mistero della comunione, dell’unità, del servizio?
Sì. Ha senso, proprio perché nessuno di noi è senza peccato, tutti abbiamo piedi e mani e cuori sporchi – come Pietro e gli altri apostoli.
Ha senso perché all’inizio del Triduo Pasquale, ognuno di noi si renda capace di nuovo del coraggio avuto da Cristo. Il coraggio dell’umiltà. E non era lui a doversi umiliare: tra quei dodici nessuno si salvava… tutti di lì a poco lo avrebbero abbandonato, rinnegato, tradito.
Anche Gesù aveva sperimentato cosa significasse avere i piedi lavati… da una peccatrice. Un giorno una donna nella casa di Simone il fariseo era corsa ai suoi piedi, li aveva bagnati con le lacrime, asciugati con i capelli… Una donna, immagine forse dell’umanità, che esprimeva così tutto l’amore per Gesù.
Ora è Gesù a ricambiare il gesto, non per cercare il perdono, ma per darlo. Ha voluto lavare le impurità, non solo dei piedi degli apostoli, ma di tutta l’umanità … anche le nostre. Ma perché tutto questo? Un gesto così radicale e concreto? Per amore e solo per amore! Un amore sino alla fine! Ma in questo modo amare significa fallire, essere perdenti, essere incompresi!
Sì, agli occhi del mondo… Ma agli occhi di Dio no… L’amore vero non è mai un fallimento!
Se l’amore fosse un fallimento, la stessa eucarestia, sacramento dell’amore, sarebbe un controsenso. Da secoli, ogni giorno, un fallimento colossale: centinaia di messe, di adorazioni, la festa delle prime comunioni… perché? Perché il Signore continua a chinarsi su di me. E non c’è segno di amore più concreto di questo: dà il suo corpo per me. Dà se stesso a me.
Mettiamo tutta la nostra fede in questa messa, che ricorda l´Ultima Cena del Signore, abbandoniamo le nostre formalità, il rischio dell’abitudine, i preconcetti, il ritualismo e gettiamo il nostro cuore nell’eucarestia. Non sono degno Signore, ma tu dirai una parola, dirai: è il mio corpo, per te! Ed io sarò salvato.
E infine, in questo giorno dedicato al sacerdozio, vi chiedo una preghiera per me e per tutti i nostri sacerdoti, soprattutto anche per i sacerdoti che operano tra di voi nella vostra unità pastorale, perché con tutti i nostri limiti e le fragilità della nostra umanità, possiamo essere i primi testimoni di servizio e di amore. Preghiamo perchè anche oggi ci siano giovani disposti a dire di sì alla chiamata al sacerdozio.
Es gibt Augenblicke, da zählen Zeichen mehr als große Worte; da geht eine schlichte Geste tiefer unter die Haut als noch so brillante Reden.
Am Ende des Lebens Jesu – und heute feiern wir den letzten Abend seines Lebens - steht nicht eine große Predigt, sondern eine schlichte, zeichenhafte Handlung: Der Sohn Gottes zieht sich eine Schürze an und macht sich schweigend daran, Füße zu waschen.
Dort wo die anderen Evangelisten von der „Einsetzung der Eucharistie“ erzählen, erzählt der Evangelist Johannes von der Fußwaschung. Und das macht Johannes ganz bewusst. Das ist sein Einsetzungsbericht, das Testament Jesu, das er uns am letzten Abend seines Lebens hinterlässt.
Wenn nun Johannes an die Stelle des Einsetzungsberichtes den Bericht von der Fußwaschung setzt, dann heißt das, dass für ihn die Gegenwart Christi im konkreten Dienst am Mitmenschen genauso gegeben ist, wie bei der Feier der Eucharistie; dass für Christen beides in das Zentrum ihres Glaubens gehört, das eine genauso wie das andere.
Ganz in diesem Sinne ist ein Wort von Mutter Teresa zu verstehen, die einmal gesagt hat: „Ich empfange jeden Tag zweimal die Kommunion: Einmal morgens in der Kapelle und das zweite Mal untertags draußen auf den Straßen von Kalkutta, wenn ich Christus in den Armen und Sterbenden begegne und berühre“.
Das ist die bleibende Botschaft des Gründonnerstags. Beides – Eucharistie und konkreter Dienst am Menschen – gehören untrennbar zusammen. Auf der Seite Jesu stehen nur diejenigen, die auf der Seite des Menschen stehen. Die Eucharistie ist nur dort vollständig gefeiert, wo sie zur Fußwaschung hinführt.
Ich werde jetzt das Messkleid ablegen und eine Schürze umbinden. Dabei bitte ich um die Gnade, dass ich als Bischof nie vergesse, dass das Messkleid und die Schürze die gleiche Würde haben. Jesus helfe mir und uns allen, dass wir nicht nur eine Kniebeuge machen vor Jesus im Tabernakel, sondern dass wir bereit sind, in die Knie zu gehen vor seiner Gegenwart in jedem Menschen.
Lassen wir uns an diesem ganz besonderen Abend persönlich treffen von dem, was Jesus tut und sagt: „Begreift ihr, was ich euch getan habe? Ihr sagt zu mir Meister und Herr, und ihr nennt mich mit Recht so; denn ich bin es. Wenn nun ich, der Herr und Meister, euch die Füße gewaschen habe, dann müsst auch ihr einander die Füße waschen. Ich habe euch ein Beispiel gegeben, damit auch ihr so handelt, wie ich an euch gehandelt habe“.